Bologna, 16 febbraio 2019, ore 14:30: La Chiusa e i suoi misteri. L’apertura, in esclusiva, della più antica opera di meccanica idraulica del mondo, ancora oggi utilizzata…

chiusa_casalecchioLa visita vi darà la possibilità di esplorare un sito normalmente non accessibile al pubblico, la cui storia attraversa i secoli…

Quando parliamo della Chiusa di Casalecchio di Reno, non stiamo parlando di una normale opera di ingegneria idraulica, come ne possiamo trovare tante nel nostro paese, ma della più antica opera di meccanica idraulica del mondo, ancora oggi utilizzata in maniera continua ed ininterrotta…

La Chiusa di Casalecchio è uno sbarramento artificiale realizzato a metà del XIV secolo lungo il corso del fiume Reno che consente di derivare una parte delle acque del fiume per sfruttarle artificialmente attraverso un canale eponimo (il canale di Reno), il quale ha contribuito in larga parte alle fortune economiche e alla difesa idraulica della città di Bologna dal medioevo fino ai giorni nostri.

Nell’antichità questo sbarramento e deviazione del fiume Reno fece le fortune della città di Bologna prima e dell’agricoltura poi, fornendo alla città e alla campagna sia una inesauribile fonte energetica, sia  una buona quantità d’acqua per l’irrigazione dei campi. Ma facciamo un passo indietro. La Chiusa di Casalecchio di Reno anticamente aveva una doppia funzione, serviva infatti sia come regolazione delle bizzarre e capricciose acque del fiume, spesso soggetto a piene improvvise e repentine secche, sia come opera idraulica che piegava il corso d’acqua agli usi della città di Bologna. Un canale infatti deviava parte della portata del Reno nella città felsinea che tra salti d’acqua, porti e canalizzazioni, era riuscita nel tempo a sfruttare la forza dell’acqua per azionare i marchingegni e gli argani idraulici degli opifici cittadini. A cavallo del Medioevo, quindi, Bologna poteva assomigliare ad una piccola Venezia, piena di canalizzazioni (pare fossero circa 86) che riuscivano a portare l’acqua del canale proveniente dal Reno in molte delle vie cittadine. Le prime testimonianze della realizzazione dell’opera sono datate intorno all’anno Mille. A quel tempo Bologna già sfruttava in parte l’acqua proveniente da alcuni rii cittadini, ma i commerci e la navigazione avevano bisogno per svilupparsi di un flusso d’acqua  costante, che fosse in grado con la sua portata di azionare i pesanti argani e mulini delle industrie cittadine. Fu così deciso di intraprendere questa imponente opera di deviazione del fiume attraverso un minuzioso piano di organizzazione delle risorse idriche che farebbe invidia ancora oggi per la precisione e dovizia con cui venivano sfruttate le preziose acque del Reno.

Nel tempo i canali bolognesi e la Chiusa di Casalecchio vennero spesso ristrutturati e ammodernati, o semplicemente riparati a causa di qualche piena del fiume, tanto che oggi si può affermare che il sistema idraulico bolognese è stato un millenario “lavori in corso” in cui l’uomo e la natura si sono fronteggiati in una lotta acerrima: l’uomo cercando di “educare” ai propri scopi la forza del fiume, mentre la Natura riprendendosi, ogni volta che poteva, il terreno sottrattole.
Nel tempo quindi questa imponente opera di ingegneria si è arricchita e migliorata, ha subito danni e distruzioni catastrofiche, ma non ha mai smesso di essere quella cerniera che ha sempre collegato la città di Bologna all’ambiente circostante, rendendola dipendente da questo.

Oggi la chiusa è visitabile ed è inserita all’interno di un area naturale molto vasta, tanto che molti abitanti della zona la sfruttano d’estate come luogo di relax, di pesca o per qualche bagno refrigerante. A dire il vero i popolani locali hanno sempre avuto l’abitudine di nuotare sia nel Reno, che nei canali bolognesi, cosa che ha suscitato spesso le ire delle autorità cittadine per lo scarso rispetto dei costumi morali della popolazione.

Per questa sua estrema importanza nel sistema economico della zona sulla Chiusa del Reno sono cresciuti miti e leggende, come il mito di un fantasma di colore rosso che si aggirerebbe tra i ballatoi durante la notte o come la leggenda di un tesoro nascosto in uno degli innumerevoli e millenari interventi di riparazione. In un epoca in cui non esistevano le energie fossili, la Chiusa sul Reno di Casalecchio, quindi, fu e rimane tutt’ora uno strumento di produzione energetica e uno strumento cui l’antica cittadinanza della zona intese il suo rapporto con il territorio, un mezzo per uno sviluppo economico più celere e una importante opera di regolazione dell’igiene pubblica. Visitare la chiusa oggi è allora un modo per apprezzare l’ingegneria umana, ma soprattutto è un modo per affrontare, valutare e riflettere sul rapporto tra l’uomo, l’ambiente e sulla cura e manutenzione di questo, come unico mezzo per controllare le forze naturali e piegarle al servizio umano nel modo più armonioso e sostenibile possibile.

20170301_155330La Chiusa e le opere idrauliche ad essa collegate sono espressione di una tecnologia paleoindustriale di grande impatto monumentale e paesaggistico e vanno considerate come uno dei siti di “archeologia delle acque” più interessanti e significativi d’Europa. Nel 2000 il sito ha ottenuto il riconoscimento UNESCO di “Patrimonio messaggero di una cultura di pace a favore dei giovani”. La visita vi darà la possibilità di esplorare un sito storico-tecnico normalmente non accessibile al pubblico, la cui storia attraversa i secoli dal Duecento fino ad oggi. Sospesi tra il fiume e il canale e circondati dal paesaggio del Parco della Chiusa, percorrerete il camminamento costruito nel XVI secolo, il cui progetto è stato attribuito Copertina_Foto di Paolo Cortesi 3al genio di Jacopo Barozzi, detto il Vignola, forse l’architetto più noto e più rappresentativo del tardo Rinascimento.  Ammirerete la monumentale opera idraulica, il cui scivolo è lungo m 160 e largo m 35, con un dislivello di m 8, e scoprirete l’importanza funzionale ancora attuale della Chiusa, le cui conservazione e manutenzione sono curate dall’antico Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno.

Il sito è un luogo d’interesse storico, tecnico e paesaggistico, riuniti in un’unica passeggiata guidata da personale del Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno.

Abbigliamento consigliato: scarpe basse, no tacchi – no infradito. I minori devono essere accompagnati.

Foto gentilmente concesse da: Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno.


L’evento, che si terrà sabato, 16 febbraio 2019 (con punto di ritrovo presso il cancello della Chiusa di Casalecchio, via Porrettana n. 187, Casalecchio di Reno – BO), partirà alle ore 14:30, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà verso le ore 16. 

Costo della sola visita guidata (che comprende: ingresso esclusivo alla Chiusa e guida turistica):  18,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata. I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna. Domenica, 24 febbraio 2019, ore 10: “Il mistero delle quattro croci“. Urbanizzazione e misteri occulti, ai tempi del Medioevo…

mistero_quattro_croci_2019È antico il fascino di Bologna. Chi percorre i vicoli del centro storico, i monumenti e i Portici che hanno reso celebre nel mondo la città, ne resta completamente ammaliato…

Tutti conoscono la Bologna “dotta”, “grassa” e “turrita”. Noi ci addentreremo all’interno della Cerchia dei Torresotti, per ripercorrere la città ai tempi del Medioevo, con i suoi pittoreschi vicoli e le sue piazze, i Vivari, gli orti cittadini e i misteriosi aneddoti e leggende ad esso collegati.

L’apertura di cantieri urbani per ordine dei conventi, con la congiunzione degli stessi alle acque pulite del Savena per dare vita ai ricetti d’acqua per pesci. Le vie di congiunzione, sgomberate da alcuni Portici e selciate. Un fossato che sarebbe divenuto area cimiteriale. La costruzione dei Palazzi comunali e delle Torri. L’origine dei Portici, costruiti per aumentare la cubatura della casa, prolungando le travi dei solai. Un tour che ci riporterà indietro di ottocento anni, con contributi foto e video, per immergerci nelle note medievali di una città che in parte ne porta ancora gli evidenti segni di arte e bellezza.

Col nuovo millennio vi è una ripresa dell’urbanizzazione (anche nella zona che era stata abbandonata per la crisi demografica) spinta dalla distribuzione dei territori appartenenti al monastero di S. Stefano. Venivano utilizzati contratti di enfiteusi (diritto reale su un fondo altrui, in base al quale il titolare gode del dominio utile sul fondo stesso, obbligandosi però a migliorarlo e pagando al proprietario un canone annuo) col vincolo di spostare la casa alla fine del contratto lasciando il solo terreno. Enfiteusi perché era immorale vendere le proprietà della chiesa, così si rispondeva all’esigenza dell’urbanizzazione, in cui nasce il primo mercato urbano (l’infrastruttura più importante in ogni città per le attività economiche della popolazione), di San Giovanni Battista .

15078756848_7480073634_bI monasteri di Bologna iniziano a produrre liquidità attraverso l’enfiteusi. Si diffondono nuove comunità monastiche (S. Procolo, S. Vitale e Agricola) che cominceranno la lottizzazione dei terreni.

LE DUE TORRI
Nel dodicesimo e tredicesimo secolo furono costruite 131 torri che oggi non esistono più. due_torriLa torre degli Asinelli, forse la più antica (esame dei mattoni) e la torre Garisenda non si possono attribuire alla famiglia di cui portano il nome. Le torri bolognesi sono situate all’interno o nei pressi delle mura, sedi di potere che si volevano tenere sotto controllo dove erano concentrate le dimore dei ricchi.

L’AUTONOMIA CITTADINA: FORMAZIONE E SVILUPPO DEI COMUNI
Alla fine dell’undicesimo secolo le città dell’Italia settentrionale iniziarono a costituire l’autonomia dei Comuni, tranne Bologna, Ferrara, Modena, Reggio e Verona, che non ebbero la possibilità di essere autonomi perché erano governati da Matilde di Canossa, fortemente contraria all’autonomia. Alla notizia della sua morte nel 1115 i bolognesi assalirono il palazzo imperiale dove lei viveva e lo distrussero, portandoli all’indipendenza. I primi atti dell’istituzione comunale (tramite il Consiglio e i suoi consoli) riguardano la conquista del contado.

sant_ambrogioLA CURIA SANT’AMBROGIO
La prima comparsa dei consoli dei Comuni avvenne nel 1123 nella curia S. Ambrogio, che aveva abbastanza spazio per contenere il populus sia all’esterno che all’interno e ci si poteva accedere da diverse strade. Col tempo il Comune acquistò edifici attorno alla curia in modo da collocare gli uffici amministrativi.

CANTIERE DI S. STEFANO
Conobbe la più importante ristrutturazione della sua storia, fu sistemato a imitazione dei Luoghi Santi (visti dai Crociati in Terra Santa) tramite le risorse dei patrimoni immobiliari della Chiesa e tramite le donazioni dei fedeli.

alma-materCOMUNE E STUDIO
L’Università nacque privatamente dai contratti che gli studenti facevano con i maestri, che esercitavano nelle proprie case, o in case in affitto, in base al numero degli studenti. Filippo I formulò una legge per favorire la permanenza degli studenti a Bologna, ma era in disaccordo con l’autonomia delle città, istituendo la guerra contro di loro (Bologna entra nella Lega Lombarda).

muraBOLOGNA NELLA LEGA LOMBARDA
Il sovrano inviò in città dei podestà forestieri trasformando i consoli in funzionari imperiali. A Bologna impostò una sanzione pecuniaria, la consegna di ostaggi, l’abbattimento di mura e fossati e nominò podestà Bezo che si rese odioso dopo l’applicazione del decreto imperiale sull’espulsione degli studenti provenienti dalle città ribelli. Il re Barbarossa acquistò dei terreni sul poggio di S. Giovanni per costruire il palazzo imperiale, ma quando tornò in Germania Bezò venne ucciso dai bolognesi, e dopo l’insurrezione Bologna entra nella Lega Lombarda.

CERCHIA DEI TORRESOTTI
Così chiamata per la forma delle porte che conteneva, una cintura difensiva molto robusta che dovrebbe risalire ai tempi in cui Bologna entrò nella Lega Lombarda per contrastare Barbarossa. Sembra sia la sistemazione definitiva di una serie di opere già avviate attorno alle nuove espansioni della città. Ha forma circolare e si passa da 19 ettari di selenite a 131 di Torresotti. Era struttrata da una cortina, un fossato, la strada interna alla cortina ed una esterna parallela al fossato. Non erano state progettate bene per contenere la popolazione, infatti solo 50 anni dopo fu costruita una nuova cerchia. Alcuni Torresotti furono abbattuti dopo l’allargamento della città.

canale_savena_fotoantica FONTI ENERGETICHE
Per la costruzione delle mura dei Torresotti fu necessaria molta più acqua e utilizzarono principalmente la Chiusa di S. Lazzaro. Nel 1176 furono assegnati circa 60 mulini raccolti in 14 capanne gestiti sia da famiglie ricche che da enti ecclesiastici, quindi sia da pubblico che da privati, l’atto di consegna di questi mulini fu firmato nella curia dell’abate di S. Stefano.

IL CANALE DI RENO
Dopo la costruzione del Savena viene realizzato il canale di Reno tramite la Chiusa di Casalecchio e le prime menzioni del canale dei mulini risale al dodicesimo secolo, periodo di rafforzamento delle istituzioni comunali. La costruzione viene svolta da una trentina di Ramisani che investirono ingenti capitali per la costruzione di una fitta e redditizia rete di mulini, che ha una svolta molto positiva per l’economia, di cui il comune concede la gestione per una quarantina d’anni.

via_de_pepoli_01SISTEMAZIONI NELLA CITTA’ VECCHIA E NUOVE ESPANSIONI
Il Vivaro (oggi vicolo de’ Pepoli) era di proprietà del monastero di S. Stefano e di alcuni privati. Era uno spazio ortivo con abitazioni. Col riempimento del fossato il monastero potè recuperare dei terreni da poter dare in enfiteusi. Il Borgo Nuovo si trova tutt’oggi a ridosso delle mura dei Torresotti e congiunge Strada Maggiore a via S. Stefano. Molti immobili di S. Stefano furono oggetto di enfiteusi. Il Torleone tutt’oggi si trova a ridosso delle mura circla. Fu oggetto di lottizzazione, in parte ceduta alla Chiesa. Torri, curie, cappelle gentilizie. A parte la torre degli Asinelli e la Garisenda undicesimo secolo, le altre torri appartengono al XII sec. (periodo delle investiture) come strumento di difesa-offesa era superato. Alla base delle torri vi erano le residenze delle famiglie a cui appartenevano le torri stesse. La costituzione delle torri all’interno dei complessi patrimoniali privati determinavano le gerarchie sociali e politiche, le famiglie ricche ne definivano il proprio stato sociale e in casovia_de_pepoli_02 di scontri erano luoghi di difesa e di attacco.

PIAZZA MAGGIORE
Il Comune, nel ‘200 acquistò delle case e dei terreni per aprire il grande spazio pubblico cittadino della Piazza del Comune (attuale Piazza Maggiore), affermando il baricentro urbano, senza alcun riferimento ecclesiastico (S. Petronio fu costruito nel ‘300) ma dedicata alle attività economiche e pubbliche. La morte di Enrico VI determinò la fine di ogni influenza esterna su Bologna, libera di decidere la propria politica estera con alleanze che le permisero di assicurarsi un periodo di pace e stabilità. Molte risorse vennero destinate alla superficie piazza_maggioreurbanistica, dotando la città di una grande piazza pubblica come simbolo dell’autonomia. Per poter costruire la Piazza dovettero abbattere delle case e alcune chiese. Nel 1208 sorgeva già la struttura non ancora completa di Palazzo Podestà, che inizialmente venne affittato a scopo commerciale. Gli amministratori dovevano governare la dimensione della strada, in cui era proibito costruire i portici che occupavano la superficie pubblica. All’inizio del ‘200 il Comune adottò una politica di “statizzazione” delle fonti energetiche del Reno. Il Comune (che avevano costruito la Chiusa di Casalecchio) fece utilizzare le acque del canale di Reno perché confluissero nel canale che il comune aveva già in parte costruito, costituendo una via d’acqua più rilevante che portava energia idraulica per muovere i mulini e, soprattutto, una via d’acqua navigabile (canale Navile). Tutti i mulini del Navile e delle vicinanze divennero di proprietà del Comune e furono affittati, tenendo sotto controllo la molitura dei grani. Nacque il Campo del Mercato (attuale Piazzola), un grande spazio per ospitare il mercato settimanale del bestiame (il sabato) e per le grandi fiere annuali (mercato internazionale del 15 agosto). L’apertura del Campo del Mercato è legata alle organizzazioni economiche delle Arti (che avevano anche finanziato). La scelta di questa piazza piazzola_anticaera funzionale alla sistemazione del Navile ed era collegata alla zona in cui doveva nascere il porto, costruito un anno dopo. L’area conventuale di S. Domenico, sede dei frati predicatori a Bologna fu la chiesa di S. Nicolò delle Vigne, situata all’interno delle mura in una zona non ancora urbanizzata. I domenicani acquistarono molti terreni dai Carbonesi (non tutti erano disposti a vendere) e numerose case che, successivamente, abbatterono per creare lo spazio per gli edifici e il grande cimitero.

terza_cerchiaCOMUNE POPOLARE E URBANIZZAZIONE DEI BORGHI
La Circla (terza cerchia) probabilmente risale al periodo di maggior tensione fra Bologna e Federico II, periodo in cui vi è uno sviluppo intenso della città. Fu acquistata una fascia abbastanza larga per comprendere: il fossato della circla, consentendo l’urbanizzazione di una nuova fascia dei terreni, così da rispondere all’espansione demografica e la cortina in muratura, che sostituiva una robusta palizzata (palancato), che doveva evitare entrate ed uscite non controllate. Fu abbattuta nel 1902 e sostituita dai viali. Il sistema di accesso alla città era costituito in ogni porta dal ponte sul fossato, da un rivellino di collegamento e dal cassero in cui si incastrava la cintura difensiva. Ogni volta che la città avanzava si prendeva i terreni più prossimi, e gli enti ecclesiastici erano i maggiori possessori di orti e vigneti suburbani.

2590200541_d2e07234dc_o-810x538SANTO STEFANO
Fu uno dei primi ad avviare la lottizzazione nell’undicesimo secolo. Ad ogni avanzamento delle opere di difesa urbane il monastero comprò terreni agricoli che poi furono lottizzati e concessi in enfiteusi.

san_salvatoreSAN SALVATORE
Stipulava anche contratti di locazione ventinovennale, col preciso scopo di fornire aree per la costruzione della casa, cosi da incrementare la popolazione nel territorio di competenza della parrocchia.

san_procoloSAN PROCOLO
La potenzialità del contratto di locazione “29” con rinnovi più ravvicinati e canoni più redditizi, fu messa in atto dal monastero. Era protetto dalle mura di T che separava gli edifici monastici dalle proprietà rurali, delle quali non si occuparono subito di lottizzare. La casa doveva essere costruita nel giro di un anno e abitata da persone oneste che non potevano disporre del terreno in mano ai monasteri. Alla scadenza del contratto, il locatario poteva restituire il terreno vuoto, oppure pagare per il rinnovo.

san_pietroSAN PIETRO
Alcuni terreni furono ceduti al Comune per la costruzione del Campo del Mercato, ma la maggior parte dei terreni diede origine al borgo di S. Pietro.

portici-boI PORTICI
Gli attuali portici all’interno della cerchia si sviluppano per quasi 38 km, a cui si aggiunsero quelli di S. Luca, della Certosa, degli Alemanni. Con le nuove disposizioni del governo comunale nessuno poteva utilizzare ai fini privati il suolo pubblico, nemmeno con la gronda per scaricare l’acqua piovana che finiva sulla via pubblica. Molti degli edifici costruiti in precedenza che necessitavano di un aumento della cubatura della casa, prolungavano le travi dei solai del primo piano verso l’esterno sulla strada, scaricando il peso su un puntello che rendeva stabile la costruzione, dando origine così, al portico. Il portico dava spazio anche agli artigiani che avevano i loro laboratori al pian terreno. Alla fine del dodicesimo secolo, il Comune cominciò ad imporre che le case dovessero avere un portico costruito su suolo privato. Questo, doveva essere di almeno 2,70 m (per permettere il passaggio dei cavalli), divenendo da uso privato su suolo pubblico, ad uso pubblico su suolo privato.

torriLE VIE NUOVE E IL CONTROLLO DELL’EDILIZIA
Le vie nuove erano quelle con cui si modernizzava la città antica e si urbanizzava quella nuova. Non era un problema quando venivano aperte nella fascia fra le due cerchie, sulle proprietà degli enti ecclesiastici, mentre quando si dovevano eseguire nella parte storica della città si andavano a rompere gli interessi patrimoniali. Il controllo delle torri iniziò nel 1250, stabilendo che le stesse non potessero essere abitate sopra il 50° foro (24 m). Nelle torri più alte non dovevano esserci scale che permettessero di salire, trasformando la torre da abitazione a strumento per la guerriglia urbana.

SISTEMAZIONE DEI SERVIZI
Le città di origine romana avevano conosciuto la rete fognaria, ma la sospensione della manutenzione ai tempi della crisi tardo antica l’aveva resa inservibile. I collettori prima di divenire sotterranei, stavano in superficie e attraversavano da nord a sud l’Aposa. Si provvide prima a servire le zone centrali (vie e piazze più frequentate) fino ad arrivare ai borghi. Vi furono grandi lamentele per il fetore che il condotto fognario portava a molti palazzi pubblici, quindi, a spese del Comune coprirono il tratto di chiavica. La chiusura dellerete_fognaria Androne, erano ristretti spazi situati fra una casa e l’altra e avevano la funzione di raccogliere le acque nere e gli scarichi domestici. Erano collegate con la via pubblica nella parte più vecchia della città o all’interno degli isolati nelle recenti lottizzazioni, dove le case si addossavano le une alle altre con i muri laterali in comunione. Un sistema moderno consentiva ai liquami di giungere ai collettori principali, dando maggior pulizia e decoro alla città. Tutto ciò che poteva far cadere in suolo pubblico le acque domestiche ed essere un pericolo per i passanti era proibito, mantenendo l’igiene e la salute pubblica, in modo da contenere i rischi di infezione. La chiesa di Sant’Ambrogio fu particolarmente curata perchè faceva parte del complesso della sede Comunale. Furono fatti e rifatti i selciati della città per migliorare la transitabilità, far defluire le acque ed eliminare il fango. Lo smaltimento dei rifiuti, riguardava tre categorie: rifiuti domestici, immondizia delle strade, scarti delle lavorazioni artigianali e industriali. La pulizia delle strade nel tratto adiacente le case toccava ai cittadini, mentre le discariche esterne alla città erano gestite dagli abitanti del contado. Questo sistema, a cui i cittadini si sottraevano perché stancante e non remunerato, portò ad una riforma che permise a quattro squadre formate da 25 persone, di portare al di fuori della circla tutte le immondizie ogni 15 giorni. L’anno successivo il servizio passò a delle ditte private. La città in piena espansione produceva rifiuti tossici che inquinavano aria e acqua. La politica comunale da una parte voleva tenere pulite le acque, dall’altra non fermare la produzione, trovando un giusto equilibrio tra sviluppo e deterioramento delle risorse, individuando delle acque per certi servizi e altre per lo smaltimento dei rifiuti inquinanti. Un’acqua intoccabile era quella del canale di Reno (dalla città ai mulini). L’Aposa, che non funzionava come produttore di energia idraulica serviva come scolo di acque nere. Il Savena era mantenuto pulito perché destinato alle attività economiche di giorno e alla pulizia della strada di notte. Il rifornimento di acqua potabile era garantito dai pozzi e da qualche fontana pubblica (molto frequentata perché di buona qualità), ma a rischio da chi utilizzava il fossato come discarica (residui di macellazione) che venivano puniti con una sanzione pecuniaria. 

san_domenicoCANTIERI URBANI
Si aprirono anche cantieri dei conventi degli ordini mendicanti, della cattedrale e del secondo palazzo comunale. San Domenico fu il primo insediamento conventuale interno alla città. Intervennero sul ponte nuovo dell’Aposa, l’apertura di una nuova via per congiungere il convento alla parte antica della città e la fornitura delle acque pulite del Savena. Le altre vie che convergevano al convento furono sgomberate dai portici per essere più larghe e ben selciate. Aprirono la via nova, grande e larga verso nord. Il comune cedette alcune proprietà che servirono a creare un insediamento per favorire l’integrazione della zona col resto della città, agevolandoPalazzo_del_Podestà_-_Bologna l’afflusso dei fedeli (S. Francesco). L’allargamento della via esterna al fossato fu il primo passo verso la costituzione della grande salivata di S. Francesco, che poi sarebbe diventata in parte l’area cimiteriale. Dopo il terremoto del 1222 che fece crollare la copertura della cattedrale, Alberto divenne il responsabile del cantiere per i restauri e ammodernamenti di San Pietro. I palazzi comunali come tutto il patrimonio pubblico cadevano sotto la giurisdizione dei procuratori del comune, che ne eseguivano la manutenzione. Nell’attuale piazza S. Domenico e dietro l’abside di S. Francesco vi sono monumenti funebri di gran rilievo (successivamente, ivi nacque il cimitero urbano). 


L’evento, che si terrà domenica, 24 febbraio 2019 (con punto di ritrovo presso piazza Galvani, davanti alla Banca di Bologna), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà verso le ore 12:30. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (che comprende: contributo foto & video, guida turistica, radio guide):  15,00.
Visita guidata + pranzo (con cucina tradizionale o vegetariana, presso la “Trattoria Belfiore”):  35,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata (pagano per intero, soltanto il pranzo). I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/WhatsApp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna. Domenica, 17 febbraio 2019, ore 10: “TowerLand”. Il tour delle torri, con salita alla straordinaria torre Prendiparte…

tower_landBologna è una città europea dai mille volti. Con le torri e con i portici, elementi architettonici unici, tutti concentrati nel centro storico, è diventata un punto di riferimento architettonico notevole…

È antico il fascino di Bologna. Chi percorre i vicoli del centro storico, i monumenti e i portici che hanno reso celebre nel mondo la città, ne resta completamente ammaliato. Tutti conoscono la Bologna “dotta”, “grassa” e “turrita”. Noi riscopriremo il significato di questi tre appellativi.

Le torri sono un elemento architettonico che le famiglie nobili bolognesi costruivano presso le loro case. Venivano per lo più utilizzate come luoghi di vedetta e di difesa, in tempo di guerra. Dietro alle torri, si nascondono storie straordinarie: amori impossibili, tremendi delitti, leggende incredibili. Ne parleremo e avremo un’occasione senza precedenti: salire sulla torre Prendiparte, la seconda in altezza dopo gli Asinelli, ancora arredata come un tempo e visitabile…

STARTING TOUR: TORRE PRENDIPARTE…18519987_10155129643688382_5746828227371441102_n
(SULLA TORRE PRENDIPARTE SALIREMO ED È UN’OCCASIONE UNICA)
18519998_10155129644793382_5715004538692188474_nNota come la “Coronata”, costruita nella seconda metà del XII secolo, di fianco al Palazzo dell’Arcivescovado. In cima alla torre vi è, infatti, una caratteristica resega, a 4 cuspidi per lato, che assomigliando a una corona ha dato il soprannome al monumento. È la seconda di Bologna per altezza (58,60 metri). Le nove fila di parallelepipedi della base in selenite furo
no più volte restaurati. Lo spessore dei muri alla base è di 2,80 metri che si riduce progressivamente sino a 1,35 metri alla sommità. Come per tutte le torri medievali bolognesi, si tratta di una muratura a sacco: due cortine di prendiparte02laterizio racchiudono un conglomerato di ciottoli di fiume cementati da calce bianca. Tenuto conto delle dimensione del lato alla base (nove metri circa) e dello spessore dei muri, sempre alla base, è presumibile che la torre fosse progettata per essere ancora più alta. Non è neppure escluso (fatto questo accaduto a molte altre torri bolognesi) che sia stata successiv18556050_10155129647113382_7996896471988408450_namente mozzata. La torre venne adibita nel XVIII secolo a prigione per il foro ecclesiastico (all’interno sono ancor oggi visibili la sala dei carcerati e i loro graffiti) e poi divenne abitazione privata, quindi struttura ricettiva. A 18 metri dal suolo vi è lo stemma in arenaria, oggi molto degradato, del primo Arcivescovo di Bologna, Gabriele Paleotti.


asinelliPRIMA TAPPA: TORRE DEGLI ASINELLI…
(97 metri e 498 gradini per raggiungere la cima) Alla fine del ‘300 passò in proprietà al Comune. Il portale, posto sul lato della Torre che dà su Strada Maggiore, fu costruito in epoca rinascimentale quando la torre fu corredata del basso torresotto merlato. Il torresotto ha ospitato, prima, un corpo di guardia, poi, botteghe artigiane e commerciali. Subito dietro il portale, si trova la porticina, con architrave in selenite, che dà accesso alla torre. Questa piccola porta non è coeva alla torre poiché, come detto, tali costruzioni, che avevano scopo prima di tutto difensivo/offensivo, non presentavano porte di accesso, bensì una portafinestra posta a diversi metri dal suolo. Le torri erano, infatti, provviste di vari ballatoi esterni in legno sorretti da barre in selenite, dette meniani, di cui oggi è possibile osservare solo i monconi. Nel corso dei secoli la Torre degli Asinelli ha rappresentato un luogo simbolo per diversi aspetti della vita civile e militare bolognese: gli scienziati Giovanni Battista Riccioli (nel 1640) e Giovanni Battista Guglielmini (nel secolo successivo) utilizzarono la torre per esperimenti sul moto dei gravi e sulla rotazione della terra. Durante la seconda guerra mondiale,tra il 1943 e il 1945, la torre fu utilizzata con funzioni di avvistamento: quattro volontari si appostavano in cima alla torre durante i bombardamenti al fine di indirizzare i soccorsi verso i luoghi colpiti dalle bombe alleate. Infine, una curiosità: la Torre Asinelli nella sua lunga storia fu spesso colpita da fulmini, finché nel 1824 fu collocato l’impianto parafulmine. C’è una leggenda, collegata alla Torre degli Asinelli, di cui parleremo.


STorreGarisenda,Bologna ECONDA TAPPA: TORRE GARISENDA…
Citata nella Divina Commedia di Dante Alighieri, è famosa per la sua pendenza di 3,25 metri verso est/sudest, che indusse ad abbassarla di circa 20 metri a metà del ‘300. A partire dal Quattrocento la torre fu acquistata dall’Arte dei Drappieri, che ne diventò, poi, l’unica proprietaria fino alla fine dell’Ottocento, quando divenne proprietà comunale. Le superfici murarie esterne della torre sono state restaurate fra il 1998 ed il 2000, mentre una prima fase del consolidamento delle murature è stata attuata nel 1999 – 2000. La torre è visitabile dall’esterno.


torreuguzzoniTERZA TAPPA: TORRE DEGLI UGUZZONI…
Situata all’interno della zona della città storicamente riconosciuta come “Ghetto Ebraico”, costruita nel XIII secolo. A differenza delle altre torri costruite tra l’XI e XII secolo, presenta un’elegante porta a sesto acuto all’incirca a livello del suolo che già esisteva all’epoca della sua costruzione. Questa torre, con i due cavalcavia che la fiancheggiano, rappresenta uno degli angoli più caratteristici della Bologna Medievale. Uno dei cavalcavia ha una bella finestra in terracotta di foggia quattrocentesca. Al contrario delle torri vicine (Asinelli,Garisenda, Altabella, Prendiparte) qui alcuni blocchi diselenite del basamento sembrano, almeno in parte, d’epoca, vale a dire non sostituiti durante i restauri eseguiti tra ‘800 e ‘900. Parleremo della torre, collegata alla storia della Lady nera, di Bologna.


GUIDOZAGNIQUARTA TAPPA: TORRE DEI GUIDOZAGNI…
Dopo il crollo avvenuto nel 1487, divenne una casa-torre, cioè un’abitazione fortificata. Questa edificio rappresenta una testimonianza del passato feudale della città e la rivalità tra le famiglie nobili dell’epoca.

ARRENGOQUINTA TAPPA: TORRE DELL’ARRENGO…
Guardando frontalmente palazzo Re Enzo dal centro della Piazza, si vede la Torre dell’Arengo. Lo scarso spessore dei suoi muri alla base, soprattutto nei lati di est-nord e ovest e le  fondamenta poco profonde, non l’hanno mai resa decisamente solida. In origine e siamo all’inizio del 1200, era soltanto un modesto rialzamento sull’incrocio delle due vie coperte dal voltone. Solo successivamente ha potuto assumere forma di torre, e non prima di aver subito notevoli opere di consolidamento della base, di rafforzamento e di restauro. Poco solida ma molto equilibrista dunque, perché i quattro pilastri la sorreggono ma non le evitano di vibrare. Dal 1453, a vibrare ci ha pensato la campana, innalzata da Aristotele Fioravanti nella cella della torre che ancora oggi è possibile vedere. Meglio nota come il “campanone”, visti i suoi 47 quintali di bronzo, chiamava i bolognesi a raccolta, ed ogni 21 aprile continua a ricordare quel giorno del 1945 quando la città venne liberata dal fascismo.

torre accursioSESTA TAPPA: TORRE ACCURSIO…
Situata in Piazza Maggiore, Torre Accursio è anche nota come Torre dell’Orologio. Accursio, che ne era il proprietario, era arrivato da Firenze per studiare legge e divenuto poi illustre giurista, volle costruirsi la sua casa: una costruzione molto grande che includeva una scuola, con il portico verso la piazza, e una torre in angolo. La torre venne inglobata dalla residenza di Accursio che,  poco dopo la morte del proprietario, venne acquistata dal nuovo Comune, in fase di espansione. Con la vendita della casa, degli Accursi sulla scena rimarrà solo il nome dato al futuro municipio di Bologna. Ciò che ancora oggi salta agli occhi è l’enorme orologio meccanico, posto sulla facciata della Torre nel 1444. Alla meridiana posta sulla torre dell’Arengo restava il compito di segnare le ore diurne e soprattutto il mezzogiorno, rispetto a cui venivano tarati tutti gli altri orologi, mentre dal 1451 il nuovo meccanismo  iniziò a scandire anche la notte. Per fare posto al nuovo orologio la vecchia torre  venne un po’ alzata e completata con una torre di modeste dimensioni e consistenza. Dopo il pesante intervento di restauro di tutto il palazzo, eseguito fra il 1885 e il 1887 da Raffaele Faccioli, dalla torre venne rimosso il parapetto rinascimentale a pilastrini, sostituito con la fascia di mattoni considerata più adatta al nuovo aspetto complessivo del palazzo, di ritrovato stile medievale. Infatti il porticato ora visibile sotto palazzo d’Accursio è relativamente recente.

SETTIMA TAPPA: TORRE GALLUZZI…350px-Torre_Galluzzi
Fa parte della cosidetta triade dei grattacieli medievali di Bologna, insieme alle sue colleghe Prendiparte e Azzoguidi, che si stagliano in un’altra zona del centro. Seppur distanti tra loro, le tre torri appartenevano tutte a famiglie di parte guelfa, ovvero filo papali, e non è un caso che si trovino in zone della città cruciali da questo punto di vista: la Azzoguidi e la Prendiparte accanto alla sede vescovile, e la Galluzzi vicino alla prima sede  comunale, l’allora complesso di Sant’Ambrogio. La Galluzzi ancor oggi si distingue per l’altezza (30 metri, sicuramente ridotti rispetto all’origine) e la robustezza: la torre ha muri talmente spessi che ha sempre scoraggiato attacchi e incendi, ostentando una solidità che era sinonimo di potenza e ricchezza. La Galluzzi è interessante anche per il contesto in cui è inserita:  all’interno di un unico nucleo edilizio, che all’epoca veniva definito “curia”,  in cui si trovavano le case abitative, la cappella gentilizia e le torri di un’unica famiglia. Oggi il piano terra della stessa torre,  ospita una libreria dal cui interno è possibile vedere  il tipo di murature originarie messe in evidenza da un ottimo restauro. Dall’esterno, invece, si può osservare la porta originaria della costruzione, quella che si apre a oltre sei metri dal suolo. Da un lato la sua forma, ad arco ogivale (o a sesto acuto, cioè appuntito), dimostra la relativa modernità della Torre, visto che le consorelle antecedenti hanno tutte porte e finestre a modiglioni – cioè squadrate – o a tutto sesto – cioè circolari, stilisticamente più antiche. Dall’altro lato, lascia intravedere una chiara usura da calpestio: ciò potrebbe dimostrare come la porta fosse un punto di collegamento tra la torre e la casa di legno che le si addossava, aggrappata con le sue travi alla muratura della torre stessa.


L’evento, che si terrà domenica, 17 febbraio 2019 (con punto di ritrovo presso piazza Galvani, davanti alla Banca di Bologna), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà verso le ore 13. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (che comprende: ingresso alla torre Prendiparte, guida turistica, radio guide):  25,00.
Visita guidata + pranzo (con cucina tradizionale o vegetariana, presso la “Trattoria Belfiore”):  45,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata (pagano per intero, soltanto il pranzo). I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 3,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/WhatsApp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 9 febbraio 2019, ore 15: Misteri all’improvviso. La Certosa e i suoi lati oscuri…

misteri_allimprovvisoA Bologna, nessun luogo è come il cimitero monumentale, il quale raccoglie in sé una moltitudine di storie legate al mondo dell’esoterismo e dell’arcano…

Misteri all’improvviso è un percorso, all’interno della Certosa di Bologna, tra monumenti e leggende, per evocare storie fantastiche di spiriti, luci misteriose, simboli millenari e la presenza di alcune personalità bolognesi legate al mondo dell’occulto.

Nell’universo simbolico della Certosa non mancano aspetti esoterici e massonici. Basti ricordare la presenza di sfingi, ma anche lucerne, caducei e il più conosciuto simbolo dell’eternità: il serpente che divora la propria coda. La stessa storia del luogo registra, inoltre, molti episodi di fantasmi e di storie fantastiche, di morti che si rivolgono ai vivi attraverso i monumenti e i loro spiriti… 

04sgirolamonavataIl cimitero monumentale della Certosa di Bologna si trova appena fuori dal cerchio delle mura della città, vicino allo stadio Renato Dall’Ara, ai piedi del colle della Guardia dove si trova il santuario della Madonna di San Luca.

Nell’immaginario comune i cimiteri sono legati al ricordo degli affetti familiari, luoghi d’arte e memoria collettiva; ma anche al mistero della morte e della perdita, alla notte, a ciò che potrebbe esserci dopo la vita terrena. Il Cimitero della Certosa, fin dalla Alba_chiostro_VI_3sua fondazione avvenuta nel 1801, fu di ispirazione per componimenti poetici e letterari. Nei ricordi di molti personaggi (noti e meno noti) che hanno lasciato traccia scritta della propria visita alla Certosa, non mancano riferimenti a storie bizzarre, leggende misteriose, pratiche inconsuete.

Il cimitero comunale fu istituito nel 1801 riutilizzando le preesistenti strutture della Certosa di San Girolamo di Casara, fondata a metà del Trecento, soppressa nel 1797 da Napoleone, e di cui è sopravvissuta la Chiesa di San Girolamo. La forte passione della nobiltà e della borghesia per la costruzione dei sepolcri familiari trasformò la Certosa in un vero e proprio “museo all’aria aperta”, tappa del grand tourcertosa-di-bolognaitaliano: la visitarono Chateaubriand, Byron, Dickens, Mommsen, Stendhal. In particolare il Chiostro Terzo (o della Cappella) è un ciclo notevole di ispirazione neoclassica e simbologia illuministica; uniche forse nel mondo sono le tombe dipinte a tempera e quelle realizzate in stucco e scagliola. Il cimitero ha subito un forte ampliamento dagli anni cinquanta in poi. Nel 2007 la sala del Pantheon, dagli anni novanta del Novecento già destinata ai riti laici, diventa una sala del Commiato per chiunque intenda usufruire di un periodo di raccoglimento prima del rito; il nuovo allestimento è ad opera dell’artista Flavio Favelli. La chiesa, CERTOSAdiBologna1 (1)non parrocchiale, è da diversi anni gestita dalla comunità dei passionisti.

Un ruolo decisivo nel fascino che distingue la Certosa di Bologna dagli altri cimiteri monumentali europei deriva dalla complessa articolazione degli spazi. Dall’originario nucleo conventuale si diramano logge, sale e porticati che ricreano scorci e ambienti che rimandano alla città dei “vivi”. Anche il porticato ad archi, presente all’entrata est del cimitero, che si congiunge (salvo una brevissima soluzione di continuità) con quello che conduce al santuario della Madonna di San Luca posta sul colle della Guardia, vuole r1zzolimagnani-3significare una continuità fra la necropoli e la città dei vivi.

I ritrovamenti della necropoli etrusca scoperta durante gli scavi archeologici per l’ampliamento del cimitero alla fine dell’Ottocento, sono ora custoditi nel Museo civico archeologico della città. La Certosa di Bologna e il cimitero monumentale rappresentano un vero e proprio museo all’aria aperta, ricco di arte e storia. Basti pensare che già alla fine dell’800 venne ritrovata proprio in questa area una necropoli etrusca. Le 420 tombe rinvenute fecero accorrere studiosi da tutta Europa e oggi sono custodite nel Museo Civico Archeologico.

Tomba_bisteghi1 Fondato nel 1801, il cimitero sorge sulle strutture del convento certosino edificato a partire dal 1334 e soppresso nel 1796. La ricchezza della chiesa di san Girolamo riesce ancora oggi a farsi testimone della ricchezza perduta del convento. È ancora possibile ammirare il grande ciclo di dipinti dedicati alla vita di Cristo, realizzato dai principali pittori bolognesi della metà del XVII secolo. Il cuore del Cimitero bolognese è il Chiostro Terzo, di gusto neoclassico dove, alle iniziali tombe dipinte, si sono poi sostituite  opere in stucco e scagliola e – a partire dalla metà dell’Ottocento – in marmo e bronzo.

Vela_Murat_Carisbo_F1_247All’interno si conserva un vastissimo patrimonio di pitture e sculture realizzate da quasi tutti gli artisti bolognesi attivi nel XIX e XX secolo, ma non solo, rimangono infatti molte testimonianze di artisti provenienti da lontano. Fra gli scultori di maggior rilievo segnaliamo  Giacomo De Maria, Lorenzo Bartolini, Leonardo Bistolfi, Silverio Montaguti e Giacomo Manzù, mentre tra i pittori Pelagio Pelagi e Pietro Fancelli.

Tra i personaggi illustri ospitati nel cimitero ricordiamo: il premio Nobel per la letteratura Giosuè Carducci  i pittori Giorgio Morandi e Bruno Saetti;  il cantante Lucio Dallai fondatori delle aziende Maserati, Ducati e Weber e della casa editrice Zanichelli.

Nel corso del ‘900 diversi monumenti segnano alcuni passaggi della storia nazionale: l‘Ossario dei caduti della prima guerra mondiale, quello ai caduti fascisti, il Monumento ai caduti in Russia nella seconda guerra mondiale, l’Ossario dei partigiani.


L’evento, che si terrà sabato, 9 febbraio 2019 (con punto di ritrovo presso l’ingresso principale – Cortile Chiesa, di via della Certosa), partirà alle ore 15, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà dopo due ore. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (che comprende: guida turistica, radio guide):  20,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata. I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 26 gennaio 2019, ore 10: “Viaggio nella Memoria”. Tra monumenti ebraici e testimonianze, per ricordare i giorni dell’Olocausto…

Un viaggio nella Memoria, nel ricordo storico della seconda guerra mondiale, durante i terrificanti anni del nazismo, ma anche un viaggio nel tempo in Memoria delle discriminazioni che subirono gli ebrei bolognesi, per volere del potere ecclesiastico…

ebrei_bologna_2019Il Giorno della Memoria è un evento che si celebra in tutto il mondo il 27 gennaio di ogni anno, in ricordo delle vittime dell’Olocausto. Questa è una ricorrenza importante perché sapere e ricordare è un obbligo e nessuno deve dimenticare cosa è accaduto a milioni di persone vittime di barbarie, morte, terrore e persecuzione, in quegli anni. A Bologna, le discriminazioni contro gli ebrei, cominciarono già nella seconda metà del 1500, per volere del Papa.

Con questo tour desideriamo raccontare la storia di un popolo, seriamente discriminato (partiremo da Palazzo Bocchi con le sue iscrizioni ebraiche, continueremo addentrandoci nel Ghetto Ebraico, passeremo dalla Sinagoga, dall’hotel Al Cappello Rosso e, infine, accederemo al Museo Ebraico), anche attraverso le testimonianze scritte (verranno letti brani relativi, durante il tour) di chi ha vissuto la seconda guerra mondiale.

palazzobocchiboPrima tappa: PALAZZO BOCCHI…
Il nome dell’accademia, Hermatena, derivava dalla fusione di Hermes, dio dell’intelligenza e della parola, con il suo corrispettivo femminile Atena. All’interno sono conservati affreschi cinquecenteschi di Prospero Fontana. Il palazzo è caratterizzato da un alto zoccolo a scarpa, il cui massiccio bugnato si trova anche sul portone d’ingresso e sulle quattro finestre del pianterreno. Lo zoccolo dell’edificio reca due grandi iscrizioni: una, unico caso in Italia e in Europa di iscrizione in ebraico su un edificio monumentale, che riproduce in caratteri ebraici un versetto del salmo 120 del Salterio e recita: “Signore, liberami dalle labbra menzognere e dalla lingua ingannatrice”; l’altra, tratta dalla I Epistola di Orazio, dice: “Sarai re, dicono, se agirai rettamente”..

ghettoboSeconda tappa: IL GHETTO EBRAICO…
Della presenza del ghetto ebraico a Bologna, nella seconda metà del 1500, c’è rimasto poco: qualche targa a memoria e per il resto occorre viaggiare di immaginazione lungo le sue strade e visitare il locale Museo Ebraico. Il ghetto ebraico di Bologna è datato 1566, a seguito di un’ordinanza papale. A Bologna il ghetto aveva due accessi che creavano due luoghi separati; ogni accesso aveva un serraglio che veniva aperto la mattina e chiuso alla sera, era piantonato da guardie del papa e presidiato da strutture ecclesiastiche che avevano lo scopo di indurre la conversione attraverso prediche coatte; il ghetto era delimitato da mura costruite appositamente. Per il ghetto degli ebrei fu scelto il quartiere delimitato dall’attuale via Zamboni e via Oberdan, costituito da via dei Giudei, via dell’Inferno, via Canonica, via del Carro, vicolo San Giobbe, vicolo Mandria e non distante dalla originaria zona di insediamento degli ebrei dalla seconda metà del XIV secolo. Il ghetto venne effettivamente chiuso solo per poco tempo nel 1566, a causa degli ostacoli e resistenze a trasferirsi altrove poste dalle famiglie cristiane che qui possedevano casa. Nove furono i punti stabiliti da sbarrare con porte e muraglie; un alto muro, ad esempio, chiudeva il passaggio da via Canonica a via Zamboni. All’interno del ghetto si svolgeva tutta la vita della comunità ebraica e si concentravano i servizi e le istituzioni indispensabili ad essa. Nell’attuale via dell’Inferno, al vecchio civico n. 2638, ora n. 16, si trovava la sinagoga del ghetto nella “Casa dei Buratti”. In ottemperanza alla bolla (ordinanza) pontificia di Paolo IV (1555) una sola doveva essere la sinagoga attiva in ogni ghetto, senza alcun segno esterno di riconoscimento. Le sinagoghe esistenti prima del ghetto e al di fuori di esso vennero espropriate, distrutte o vendute. I bolognesi cristiani furono tuttavia restii a seguire i dettami papali e molte attività economiche intrattenute con gli ebrei, compreso l’utilizzo del Banco dei Pegni per i prestiti di denaro, continuarono, nonostante il ghetto e le ordinanze ecclesiastiche. Fu così che nel 1569 Bologna assiste alla prima cacciata dalla città, ma nel 1586 un’altra ordinanza ne permette il rientro per poi arrivare al 1593 con la cacciata definitiva. Se un ebreo era costretto a transitare da Bologna per una notte, al massimo 3 dietro permesso, poteva pernottare solamente all’osteria Cappello Rosso, oggi Albergo Cappello Rosso, in via dé Fusari.

oratorio_dei_battuti_1Terza tappa: L’ORATORIO DEI BATTUTI…
L’Oratorio dei Battuti si trova nel Complesso di Santa Maria della Vita, nel ventre della città, il Quadrilatero, alle spalle di Piazza Maggiore dalla quale vi si accede attraversando la scenografica facciata del Palazzo dei Banchi. Quest’area è caratterizzata da un dedalo di stradine che ricalca l’antica pianta romana della città. Il visitatore che vi entra, si trova immerso nel ventre di Bologna la grassa: botteghe, spesso prive di porte, espongono la loro merce su banchi protratti all’esterno dell’entrata; l’amore per il cibo prorompe in colori e profumi. La nostra meta è in via Clavature, il nome, come tutte le stradine del Quadrilatero, trae origine dalle botteghe presenti in epoca medievale. Allora, quando questa era una delle vie principali della città, attraversata da papi, principi e imperatori, vi lavoravano i fabbri che costruivano chiavi e serrature, Ciavadùr in dialetto bolognese, (Serratura, dal lat. medioevale clavatura. Modena, 1244). Nel 1260 il perugino Riniero Barcobini Fasani, decide con ventimila seguaci di dirigersi a Bologna, ispirato alla missione dalla Vergine Maria. Qui, nel 1275 Riniero fonda la Confraternita dei Battuti Bianchi, detti anche Devoti Flagellanti, e insieme ai bolognesi Bonaparte Ghisileri e alla terziaria Francescana Suor Dolce, organizza un ospedale per la cura e l’assistenza di infermi e pellegrini. Nascono così l’Ospedale, la Chiesa e la Confraternita dedicate a Santa Maria della Vita: un capitolo importante della storia della assistenza dal momento che ospitò uno dei primi ospedali cittadini pubblici. L’Oratorio è nato ad opera della Confraternita dei Battuti ed era la sede, collegata ma indipendente rispetto al Santuario e oratorio3all’Ospedale, in cui si riunivano in forma strettamente privata i membri della Confraternita, per dedicarsi a quelle pratiche religiose, devozionali e penitenziali che erano alla base del movimento stesso. Nelle sue forme attuali, questo prezioso esempio del primo barocco bolognese, è esattamente come fu ideato in occasione del rifacimento, all’inizio del XVII secolo, del precedente edificio quattrocentesco. Tra il 1604 ed il 1617, su progetto dell’architetto bolognese Floriano Ambrosini e con la supervisione dei lavori affidata a Bonifacio Socchi, l’aula fu completamente ricostruita. Giulio Cesare Conventi ed Antonio Martini furono invece autori degli stucchi e dei rilievi decorativi. Del precedente oratorio vennero conservate e ricollocate due importanti opere cinquecentesche: il gruppo in terracotta realizzato tra il 1519 e il 1522 da Alfonso Lombardi di Ferrara e raffigurante un episodio dei funerali della Vergine, il Transito, e la pala d’altare, Madonna col Bambino e santi, eseguita nel 1564 da Giovanni Francesco Bezzi detto il Nosadella. I lavori di decorazione si sono conclusi nel 1639, come ricorda la data dipinta nella nicchia che ospita il Transito della Vergine, dove compare anche il nome del finanziatore: il conte Giovanni Pepoli, a testimonianza del legame intercorrente tra la Confraternita dei Battuti ed alcune delle più importanti famiglie bolognesi. Il Transito, formato da 15 statue in terracotta poco più grandi del naturale, rappresenta il momento di massima tangenza dello scultore con il mondo romano e, soprattutto, con Raffaello. Rispetto ad altri celebri oratori cittadini, quello dei Battuti prevede l’uso dell’affresco solo per la cappella, le volte e la cupola dell’altare, mentre le pareti ed il soffitto dell’aula sono destinati ad accogliere dipinti su tela di diverse dimensioni, scelti in base ad una specifica chiave di lettura, volta a coniugare il Culto Mariano con quello del Beato perugino. I soggetti delle opere vennero infatti definiti da un preciso programma iconografico redatto dai membri della Confraternita nel 1618, come testimoniano i documenti d’archivio. Lo prova la tela rinascimentale del Nosadella che adorna l’altare: a tre secoli di distanza dalla sua missione, il Beato umbro viene proposto ai piedi della Madonna, in un’immagine che mira ad unire idealmente la pratica della sua flagellazione con la passione di Cristo, ed è confortato dai Santi Apostoli Giacomo, Pietro e Paolo, assieme a San Girolamo, considerato il padre della Chiesa di lingua latina.Con le riforme napoleoniche del 1796-97, i beni della Confraternita vengono espropriati e diventano pubblici. Completamente restaurato nel 1997, vi è stato recentemente annesso il Museo della Sanità e dell’Assistenza della città di Bologna.

monte-di-pietà-bolognaQuarta tappa: PALAZZO DEL MONTE DI PIETA’…
L’edificio, di origini quattocentesche, ospitava in origine i canonici della vicina Cattedrale di San Pietro. Nel XVI secolo vi fu istituito il Monte di S.Pietro (il Monte di Pietà era un’istituzione finanziaria senza scopo di lucro che erogava prestiti di limitata entità in cambio di un pegno). Nel XVIII secolo, il palazzo fu ristrutturato dall’architetto romano Marco Antonio Bianchini in collaborazione con Alfonso Torreggiani. Sulla porta principale, una scultura in terracotta a tutto tondo raffigura una Pietà su Cristo Morto attribuita a Gabriele Fiorini..

cappello

Quinta tappa: HOTEL AL CAPPELLO ROSSO…
A Bologna, con oltre seicento anni di storia, l’albergo Al Cappello Rosso vanta una vocazione innata per l’accoglienza. Le prime documentazioni lo fanno infatti risalire al 1375, mentre nel 1712 G.M. Mitelli, insigne storiografo bolognese, nel suo Giuoco nuovo di tutte le Osterie che sono in Bologna, ricorda il Capel Rosso come l’osteria che offriva ai clienti “squisite pernici arrosto ben lardellate e accompagnate da crostini”.
Situato fin dalle origini nella centralissima ed appartata via Fusari, l’albergo è il più antico luogo dell’ospitalità bolognese, tutt’ora attivo. Al tempo era una locanda voluta dal vescovo di Bologna Nicolò Albergati, per assicurare con questo gesto la sua protezione agli ebrei che passavano per Bologna e che potevano fermarsi in città soltanto presso l’albergo Capel Rosso, poiché veniva a trovarsi fuori dalle mura di Bologna (che allora si trovavano a Piazza Maggiore). Per realizzare l’edificio vennero abbattute le casupole esistenti in via dè Fusari. Bologna allora era già frequentata da numerosissimi “forestieri in transito”, che venivano registrati come ospiti, tra i quali vi erano per l’appunto gli ebrei che, da sempre perseguitati, avevano l’obbligo di soggiornarvi: e questo era il luogo ideale, perché trovandosi fuori dalle mura potevano essere protetti e nel contempo tenuti più facilmente sotto controllo.

diecibaliaSesta tappa: CAPPELLA DEI DIECI DI BALIA…
La Basilica di San Petronio, dedicata al patrono cittadino (ottavo vescovo di Bologna dal 431 al 450), è la più grande e importante chiesa bolognese (m 132 di lunghezza, 66 di larghezza totale, 47 di altezza).
La costruzione fu iniziata nel 1390 sotto la direzione di Antonio di Vincenzo. Nel 1514 Arduino degli Arriguzzi propone un nuovo modello a croce latina che avrebbe superato in grandezza la chiesa di San Pietro a Roma. Secondo la leggenda Pio IV bloccò la realizzazione di questo sogno megalomane, sollecitando i lavori per la costruzione dell’Archiginnasio. Anche la facciata rimase incompiuta. La copertura della navata maggiore e la chiusura dell’abside furono ultimate solo nel 1663 su progetto di Girolamo Rainaldi e direzione di Francesco Martini. Le navate minori vennero chiuse da muri rettilinei. Celebre fu la Cappella musicale petroniana il cui il simbolo più prestigioso è un organo tuttora funzionante, costruito attorno al 1470 da Lorenzo da Prato: il più vecchio al mondo ancora in uso. Un altro organo più recente (1596) è di Baldassarre Malamini e anche questo è funzionante nonostante i quattrocento anni di vita. Nel 1894 fu aperto il Museo di San Petronio su progetto di T. Azzolini. Infine, tra le cappelle 1 – 2, 9 – 10, 13 – 14 , 21 – 22, si trovano le quattro croci di pietra che, secondo la leggenda, furono poste da San Petronio agli angoli del perimetro della città, definito nei secoli successivi il cerchio delle mura di selenite.
Cappella dei Dieci di Balia: fu restaurata in falso gotico nel 1865 da Albino Riccardi. Di antico resta la decorazione ornamentale con gli stemmi dei patroni (1397) e due grandi affreschi ritoccati da Giovanni da Modena (1420 ca.): a destra “Trionfo della chiesa cattolica sull’eresia” e a sinistra “Redenzione del peccato originale”. In questa cappella, nel 1530, fu incoronato imperatore Carlo V dal Papa Clemente VII-

strazzaroliSettima tappa: PALAZZO STRAZZAROLI…
Per due secoli gli Ebrei vissero in pace in città. Si stabilirono prevalentemente nella zona interstiziale, posta fra l’antico insediamento romano, che va dalle Due Torri fino a Piazza Malpighi, e l’antico accampamento longobardo che sempre dalle Due Torri si apre a semicerchio verso S. Giovanni in Monte, S. Stefano, S. Vitale e Agricola e S. Donato.
Tale zona interstiziale, incentrata su piazza di Porta Ravegnana, era rimasta per lungo tempo una specie di terra di nessuno, fra Longobardi e Romani, dove si accumulavano le immondizie e dove, per questa ragione principale, le strade avevano nomi indicativi, in senso ironico, come “via dell’Inferno”, “via Bell’andare” ecc. La zona fu bonificata e la via divenne la via de’ Giudei. Il primo immigrato, tale Gaio Finzi, Judeus de Roma, esercito la professione dello “Strazzarolo”, cioè, rivenditore d’abiti usati, e come lui fecero tanti altri Ebrei, cosi che questa fu considerata la loro professione prevalente, al punto da essere inseriti all’interno di una Corporazione come se fossero una particolare categoria d’artigiani: i Giudei, appunto. Il nome completo fu “Corporazione dei Drappieri-Strazzaroli-Pegolotti-Vaganti e Giudei” e aveva sede nel vicino palazzo degli Strazzaroli (Case Malaguti), tutt’ora esistente.


L’evento, che si terrà domenica, 26 gennaio 2019 (con punto di ritrovo davanti a Sala Borsa, a ridosso della Fontana del Nettuno), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà alle 13Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour.

Costo della visita guidata (con ingresso esclusivo presso l’Oratorio dei Battuti + guida turistica + radio guide):  25,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età, non pagano la visita guidata.
A bambini e ragazzi, dai 7 ai 18 anni di età, agli over 65 e alle persone con disabilità, applichiamo € 3,00 di sconto sul tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni di esclusività del tour, con ingressi a tappe, prenotati e remunerati in anticipo, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si terrà ugualmente (verrà modificato esclusivamente il punto di ritrovo).

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


 

Bologna, 27 gennaio 2019, ore 10: “Il giorno della Shoa. Visita all’ex campo di concentramento di Fossoli (MO)”. Tra luoghi di deportazione e prigionia, per ricordare i giorni dell’Olocausto…

Un viaggio nella Memoria, nel ricordo storico della seconda guerra mondiale, durante i terrificanti anni del nazismo, ma anche un viaggio nel tempo in Memoria delle discriminazioni che subirono, in quei luoghi, i deportati e gli oppositori politici…

fossoli_ebreiIl Giorno della Memoria è un evento che si celebra in tutto il mondo il 27 gennaio di ogni anno, in ricordo delle vittime dell’Olocausto. Questa è una ricorrenza importante perché sapere e ricordare è un obbligo e nessuno deve dimenticare cosa è accaduto a milioni di persone vittime di barbarie, morte, terrore e persecuzione, in quegli anni. 

Con questo tour desideriamo raccontare la storia di un popolo, seriamente discriminato di chi ha vissuto la seconda guerra mondiale.

Il tramonto di Fossoli (di Primo Levi)
Io so cosa vuol dire non tornare.
A traverso il filo spinato ho visto il sole scendere e morire;
ho sentito lacerarmi la carne.
Le parole del vecchio poeta: “Possono i soli cadere e tornare:
a noi, quando la breve luce è spenta. Una notte infinita è da dormire”.

Il 22 febbraio 1944 partì da Fossoli un convoglio con destinazione Auschwitz, sul quale vi era anche Primo Levi , anch’egli internato nel campo di Fossoli come deportato politico; fu uno dei 650 che furono deportati con quel convoglio e fu uno dei 23 che ritornarono.


20160124_101852Il campo di concentramento di Fossoli era ubicato in una località di campagna a 3 chilometri da Carpi, in provincia di Modena. Il campo fu allestito nel luglio 1942 come una tendopoli per prigionieri di guerra; qualche mese più tardi vennero costruite le baracche in muratura che nell’estate 1943 diedero riparo a circa 5000 internati militari. Circondato da una doppia recinzione alta 2 metri e con una serie di torrette distanti 50 metri le une dalle altre, il grande recinto era illuminato con riflettori dal tramonto all’alba. La notte dell’8 settembre una colonna di tede­schi circondò la struttura, per impedire – dopo la proclamazione dell’armistizio – la fuga dei prigionieri. Due ufficiali italiani furono incaricati della gestione ordinaria del Lager, mentre i loro colleghi furono incarcerati a Mo­dena. In un paio di settimane si 20160124_120158organizzò il trasferimen­to dei prigionieri alleati nel Reich e dal 5 dicembre l’ex Campo prigionieri di guerra n. 73 funzionò come luogo d’internamento per ebrei, sotto il controllo della polizia della Repubblica sociale italiana e alle dipendenze della prefettura di Modena. La collocazione strategica nella rete ferroviaria, sulla linea per il Brennero, agevolava il viaggio verso i Lager del Reich.

Dal mese di gennaio 1944 giunsero a Fossoli prigionieri politici. Da metà marzo 1944 il Comando di Verona della Polizia di sicurezza germanica (Befehlshaber der SIPO-SD) assunse il controllo diretto sugli internati politici e razziali destinati alla deportazione (rinchiusi nei due settori del «campo nuovo»), lasciando alle autorità di Salò la competenza su internati comuni, politici, genitori di renitenti alla leva e civili di nazionalità straniera esclusi dal trasferimento nei Lager del Reich (concentrati nel «campo vecchio»).

Campo_di_Fossoli_3Il Polizei- und Durchgangslager era comandato dal sottotenente Karl Titho, ma è il suo vice, Hans Haage, a gestire il campo. Il settore ebraico includeva 8 baracche larghe 11,60 metri e lunghe 47 metri, fornite di latrine e lavatoi, ognuna delle quali poteva accogliere 256 prigionieri; i politici erano ammassati in 7 baracche di dimensioni maggiori. I due settori disponevano di cucina e infermeria. L’alimentazione consisteva essenzialmente in pane e verdure; i prigionieri – che indossavano i loro abiti civili e portavano dei contrassegni a seconda della categoria di appartenenza – venivano suddivisi in gruppi incaricati della pulizia del campo, dei lavori agricoli e artigianali. Fossoli funzionava come centro di smistamento per la deportazione ad Auschwitz, Bergen-Belsen, Buchenwald, ex-campo-di-fossoliMauthausen, Ravensbruck. Dal 19 febbraio 1944 (con l’invio di 141 ebrei a Bergen-Belsen), partirono dalla località modenese sei convogli ferroviari carichi di internati, selezionati d’intesa tra il comandante Titho e il Comando germanico veronese. Nel complesso verranno deportati oltre cinquemila prigionieri: 2726 ebrei e 2483 politici.

Per chi proveniva da mesi di isolamento in una cella malsana, esposto inerme alle torture degli aguzzini, il trasferimento a Fossoli – col ritorno alla dimensione sociale – apparve l’uscita da un incubo. Sensazione comune ai prigionieri politici sottoposti nel carcere milanese a pressioni disumane: «La prima impressione fu che il campo di Fossoli fosse un luogo migliore di San Vittore e che anche le SS fossero, per così dire, più corrette», osserverà l’architetto Belgiojoso. Le possibilità di ritrovarsi in compagnia, di poter parlare senza il terrore della punizione, di impostare forme clandestine di aggregazione politica segnavano un deciso mutamento di condizione. Tuttavia gli internati sapevano che la loro sorte era sospesa a un filo: potevano essere condannati a morte per la loro attività cospirativa, oppure fucilati per rappresaglia contro un’azione partigiana, oppure venire deportati in un campo di eliminazione.

Fossoli-2 (1)Il pensiero della fuga era dominante, alla sorveglianza delle guardie si univa quella – meno appariscente ma ugualmente micidiale – delle spie. L’evasione individuale si presentava ardua, quella collettiva era ancora più problematica. Una volta fuori dal campo i fuggiaschi sarebbero statu alla mercé dell’apparato repressivo tedesco, agevolato dalle estese campagne, che offrivano scarsi nascondigli. A fatica si cercava di stabilire un rapporto con l’esterno; il rischio di cadere in provocazioni era elevato e concedere la fiducia a una spia poteva significare la fucila­zione.
(da Diario di Fossoli di Leopoldo Gasparotto a cura di Mimmo Franzinelli)


L’evento, che si terrà domenica, 27 gennaio 2019 (con punto di ritrovo presso via Remesina Esterna n. 32, 41012 Fossoli (MO), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà alle 12:30. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour.

Costo della visita guidata (con ingresso esclusivo presso il campo di Fossoli + guida turistica + radio guide):  20,00.
Tour non adatto ai bambini sotto ai 10 anni di età.
Ai ragazzi, dai 10 ai 18 anni di età e agli over 60, applichiamo € 2,00 di sconto sul tour.
Le persone con disabilità non pagano.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni di esclusività del tour, con ingressi a tappe, prenotati e remunerati in anticipo, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si terrà ugualmente (verrà modificato esclusivamente il punto di ritrovo).

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


 

Bologna, 11 gennaio 2019, ore 20: visita guidata alla Basilica di San Petronio (Cappella Bolognini, inclusa), aperta in esclusiva per I love Emilia Romagna…

La Basilica di San Petronio, apre in esclusiva per “I love Emilia Romagna”. Arte, cultura e leggendari aneddoti, daranno vita a una serata da ricordare (apertura straordinaria delle Cappelle più importanti, compresa la Cappella Bolognini)…

apertura_sanpetronio

Diversamente da ciò che avviene in altre città italiane ed europee, l’edificio sacro più importante di Bologna non è la cattedrale, bensì la Basilica dalla caratteristica facciata incompiuta che si trova in Piazza Maggiore ed è intitolata al patrono della città, San Petronio.

Ma chi era san Petronio? In realtà, si tratta di un vero e proprio mistero. La sua vita è avvolta nel mito dato che, su di lui esistono pochissime testimonianze storiche. È documentato che visse a Bologna nel V secolo: il suo nome compare come ottavo vescovo di Bologna nell’Elenco Renano, l’antica lista dei vescovi bolognesi di cui ci è stata tramandata la copia trecentesca, conservata oggi nella cattedrale di San Pietro.

sanpetronio1La Basilica di San Petronio, dedicata al patrono cittadino (ottavo vescovo di Bologna dal 431 al 450), è la più grande e importante chiesa bolognese (m 132 di lunghezza, 66 di larghezza totale, 47 di altezza). Nel 1514 Arduino degli Arriguzzi propone un nuovo modello a croce latina che avrebbe superato in grandezza la chiesa di San Pietro a Roma. Secondo la leggenda Pio IV bloccò la realizzazione di questo sogno megalomane, sollecitando i lavori per la costruzione dell’Archiginnasio. Anche la facciata rimase incompiuta. Celebre fu la Cappella musicale petroniana il cui il simbolo più prestigioso è un organo tuttora funzionante, costruito attorno al 1470 da Lorenzo da Prato: il piùsanpetronio4 vecchio al mondo ancora in uso. L’interno del tempio, benché costruito in diverse epoche, ha un mirabile senso classico, lontano quindi dal gotico oltremontano. È diviso in tre navate sorrette da dieci piloni a nervatura poligona, sui quali si slanciano gli archi e le volte: le campate della navata maggiore sono a pianta quadrata. Il Sole, simbolo dell’antica divinità è presente anche all’interno della chiesa: si tratta della meridiana che attraversa il pavimento della navata sinistra. sanpetronio7Realizzata dall’astronomo Gian Domenico Cassini nel 1655, coi suoi 66,8 metri è la più lunga del mondo. Indica con sorprendente precisione il mezzogiorno solare, al punto che si narrache i vecchi orologiai di Bologna andassero in San Petronio per regolare gli orologi. Una delle particolarità è che non è una linea d’ombra a indicare l’orario come nelle meridiane tradizionali, ma un cono di luce che ricorda la figura del Sole. Una leggenda vuole che visitare la meridiana sia di buon auspicio per gli innamorati, in quanto periodicamente proietta un’immagine a forma di cuore.

Verranno aperte le Cappelle più importanti e significative, dove entreremo e prenderemo parte alle magiche storie connesse con affreschi e opere d’arte:

Cappella di S. Abbondio (I) già dei Dieci di Balia 
Fu restaurata in falso gotico nel 1865 da Albino Riccardi. Di antico resta la decorazione ornamentale con gli stemmi dei patroni (1397) e due grandi affreschi ritoccati da Giovanni da Modena (1420 ca.): a destra “Trionfo della chiesa cattolica sull’eresia” e a sinistra “Redenzione del peccato originale”. In questa cappella, nel 1530, fu incoronato imperatore Carlo V dal Papa Clemente VII.

Cappella dei Re Magi (IV) già Bolognini e Salina Amorini 
È l’unica che conserva, quasi intatta, la decorazione originaria. La cancellata gotica in marmo fu disegnata da Antonio di Vincenzo (1400). Furono dipinti da Jacopo di Paolo il “Polittico ligneo” e le finestre policrome. Le pareti furono sontuosamente affrescate da Giovanni da Modena con un ciclo raffigurante: “Il Paradiso” e “l’Inferno (l’affresco quattrocentesco, che continua a scandalizzare il mondo islamico, ritrae il Profeta Maometto, mentre viene seviziato e percosso da demoni feroci, naturalmente avvolto dalle fiamme. Seminudo, sofferente, dileggiato, vilipeso)” a sinistra, nella parete di destra “Le storie dei Re Magi”, nella parete di fondo “Consacrazione di San Petronio” e scene della sua vita.

Cappella di S. Vincenzo Ferrer (VI) già Griffoni, Cospi e Ranuzzi 
Si possono ammirare la grande tela con il santo di Vittorio Bigari (sulla destra).

Cappella di S. Sebastiano (V) già Vaselli 
In questa cappella si possono ammirare la grande tela a tempera “Martirio di S. Sebastiano”, “l’Annunziata” e i dodici “Apostoli” dipinti su tela di Lorenzo Costa; “l’Angelo Annunziante” è attribuito invece a Francesco Francia.

Cappella di S. Giacomo (VII) già Rossi e Baciocchi 
Sull’altare la splendida “Madonna in Trono”, capolavoro di Lorenzo Costa (1492); allo stesso autore sono attribuiti i disegni della vetrata policroma. Il monumento funebre di destra conserva le spoglie del principe Felice e di sua moglie Elisa Bonaparte e fu disegnato da Antonio Serra (1845).

Cappella di S. Rocco (VIII) o Cappella Malvezzi Ranuzzi  
Sull’altare si trova il “San Rocco” del Parmigianino (1527). Le vetrate furono disegnate da Achille Casanova (1926).

Cappella di S. Lorenzo (XVIII) già Garganelli, Ratta e Pallotti
Vi si trova la “Pietà” di Amico Aspertini.

Cappella di S. Brigida (XXI) già Pepoli 
Sull’altare spicca un polittico di Tommaso Garelli (1477). Il busto policromo della santa è di Giovanni Romagnoli.

Cappella della Madonna della Pace (XXII) 
La “Madonna” in pietra d’Istria è di Giovanni Ferabech (1394).

Cappella delle Reliquie XII già Zambeccari 
Il campanile è impostato su di essa.

Cappella della Santa Croce (XIX) o Cappella Rinaldi
Contiene affreschi di Francesco Lola, Giovanni da Modena e Pietro Lianori. La splendida vetrata venne realizzata dal beato frate Giacomo da Ulma su disegno di Michele di Matteo.

La cappella del SS. Sacramento in San Petronio
Il 4 ottobre nella basilica di San Petronio è riaperta la cappella del Santissimo Sacramento, restaurata su disegno di Angelo Venturoli. Sull’altare, in una nicchia che fu disegnata dal Vignola nel XVI secolo, si trova il trono del Santissimo di Alessandro Algardi, costruito con marmi provenienti da Roma antica. Per il nuovo allestimento, voluto dal marchese Antonio Malvezzi Campeggi, sono stati utilizzati il tabernacolo che prima si trovava nella chiesa delle monache di Santa Margherita e alcuni stalli del coro degli Olivetani di San Michele in Bosco.


quattro_crociIl mistero delle quattro croci
A delimitare la città di Bononia nei primi secoli di occupazione romana c’erano le cosiddette “quattro croci”. Per raccontare la loro storia occorre partire dal martirio dei santi Vitale e Agricola, che risale presumibilmente alla fine del III secolo, durante le persecuzioni ai cristiani volute dall’imperatore Diocleziano. Va sottolineato che i loro resti erano sepolti nel cimitero ebraico a testimonianza, forse, del fatto che fossero di origine giudaica. Di certo è escluso che Agricola fosse un cittadino romano, perché la pena sarebbe stata la decapitazione, e non la crocifissione. I loro corpi vennero riesumati dal vescovo di Milano, Ambrogio, nel 387 in visita a Bologna, città che in quegli anni era sotto la giurisdizione del capoluogo lombardo. La vita dei due santi, avvolta nel mistero, sarà argomento di discussione, durante il tour.


L’evento, che si terrà venerdì, 11 gennaio 2019 (con punto di ritrovo in Piazza Galvani, davanti alla Banca di Bologna), partirà alle ore 20, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà alle 22. Auricolari forniti dallo staff, obbligatori per l’entrata in Basilica. 

Costo della sola visita guidata (con ingresso esclusivo presso la Basilica di San Petronio + guida turistica + radio guide):  25,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età, non pagano la visita guidata.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/WhatsApp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 1° dicembre 2018, ore 20: visita guidata alla Basilica di San Petronio (Cappella Bolognini, inclusa), aperta in esclusiva per I love Emilia Romagna…

La Basilica di San Petronio, apre in esclusiva per “I love Emilia Romagna”. Arte, cultura e leggendari aneddoti, daranno vita a una serata da ricordare (apertura straordinaria delle Cappelle più importanti, compresa la Cappella Bolognini)…

apertura_sanpetronio

Diversamente da ciò che avviene in altre città italiane ed europee, l’edificio sacro più importante di Bologna non è la cattedrale, bensì la Basilica dalla caratteristica facciata incompiuta che si trova in Piazza Maggiore ed è intitolata al patrono della città, San Petronio.

Ma chi era san Petronio? In realtà, si tratta di un vero e proprio mistero. La sua vita è avvolta nel mito dato che, su di lui esistono pochissime testimonianze storiche. È documentato che visse a Bologna nel V secolo: il suo nome compare come ottavo vescovo di Bologna nell’Elenco Renano, l’antica lista dei vescovi bolognesi di cui ci è stata tramandata la copia trecentesca, conservata oggi nella cattedrale di San Pietro.

sanpetronio1La Basilica di San Petronio, dedicata al patrono cittadino (ottavo vescovo di Bologna dal 431 al 450), è la più grande e importante chiesa bolognese (m 132 di lunghezza, 66 di larghezza totale, 47 di altezza). Nel 1514 Arduino degli Arriguzzi propone un nuovo modello a croce latina che avrebbe superato in grandezza la chiesa di San Pietro a Roma. Secondo la leggenda Pio IV bloccò la realizzazione di questo sogno megalomane, sollecitando i lavori per la costruzione dell’Archiginnasio. Anche la facciata rimase incompiuta. Celebre fu la Cappella musicale petroniana il cui il simbolo più prestigioso è un organo tuttora funzionante, costruito attorno al 1470 da Lorenzo da Prato: il piùsanpetronio4 vecchio al mondo ancora in uso. L’interno del tempio, benché costruito in diverse epoche, ha un mirabile senso classico, lontano quindi dal gotico oltremontano. È diviso in tre navate sorrette da dieci piloni a nervatura poligona, sui quali si slanciano gli archi e le volte: le campate della navata maggiore sono a pianta quadrata. Il Sole, simbolo dell’antica divinità è presente anche all’interno della chiesa: si tratta della meridiana che attraversa il pavimento della navata sinistra. sanpetronio7Realizzata dall’astronomo Gian Domenico Cassini nel 1655, coi suoi 66,8 metri è la più lunga del mondo. Indica con sorprendente precisione il mezzogiorno solare, al punto che si narrache i vecchi orologiai di Bologna andassero in San Petronio per regolare gli orologi. Una delle particolarità è che non è una linea d’ombra a indicare l’orario come nelle meridiane tradizionali, ma un cono di luce che ricorda la figura del Sole. Una leggenda vuole che visitare la meridiana sia di buon auspicio per gli innamorati, in quanto periodicamente proietta un’immagine a forma di cuore.

Verranno aperte le Cappelle più importanti e significative, dove entreremo e prenderemo parte alle magiche storie connesse con affreschi e opere d’arte:

Cappella di S. Abbondio (I) già dei Dieci di Balia 
Fu restaurata in falso gotico nel 1865 da Albino Riccardi. Di antico resta la decorazione ornamentale con gli stemmi dei patroni (1397) e due grandi affreschi ritoccati da Giovanni da Modena (1420 ca.): a destra “Trionfo della chiesa cattolica sull’eresia” e a sinistra “Redenzione del peccato originale”. In questa cappella, nel 1530, fu incoronato imperatore Carlo V dal Papa Clemente VII.

Cappella dei Re Magi (IV) già Bolognini e Salina Amorini 
È l’unica che conserva, quasi intatta, la decorazione originaria. La cancellata gotica in marmo fu disegnata da Antonio di Vincenzo (1400). Furono dipinti da Jacopo di Paolo il “Polittico ligneo” e le finestre policrome. Le pareti furono sontuosamente affrescate da Giovanni da Modena con un ciclo raffigurante: “Il Paradiso” e “l’Inferno (l’affresco quattrocentesco, che continua a scandalizzare il mondo islamico, ritrae il Profeta Maometto, mentre viene seviziato e percosso da demoni feroci, naturalmente avvolto dalle fiamme. Seminudo, sofferente, dileggiato, vilipeso)” a sinistra, nella parete di destra “Le storie dei Re Magi”, nella parete di fondo “Consacrazione di San Petronio” e scene della sua vita.

Cappella di S. Vincenzo Ferrer (VI) già Griffoni, Cospi e Ranuzzi 
Si possono ammirare la grande tela con il santo di Vittorio Bigari (sulla destra).

Cappella di S. Sebastiano (V) già Vaselli 
In questa cappella si possono ammirare la grande tela a tempera “Martirio di S. Sebastiano”, “l’Annunziata” e i dodici “Apostoli” dipinti su tela di Lorenzo Costa; “l’Angelo Annunziante” è attribuito invece a Francesco Francia.

Cappella di S. Giacomo (VII) già Rossi e Baciocchi 
Sull’altare la splendida “Madonna in Trono”, capolavoro di Lorenzo Costa (1492); allo stesso autore sono attribuiti i disegni della vetrata policroma. Il monumento funebre di destra conserva le spoglie del principe Felice e di sua moglie Elisa Bonaparte e fu disegnato da Antonio Serra (1845).

Cappella di S. Rocco (VIII) o Cappella Malvezzi Ranuzzi  
Sull’altare si trova il “San Rocco” del Parmigianino (1527). Le vetrate furono disegnate da Achille Casanova (1926).

Cappella di S. Lorenzo (XVIII) già Garganelli, Ratta e Pallotti
Vi si trova la “Pietà” di Amico Aspertini.

Cappella di S. Brigida (XXI) già Pepoli 
Sull’altare spicca un polittico di Tommaso Garelli (1477). Il busto policromo della santa è di Giovanni Romagnoli.

Cappella della Madonna della Pace (XXII) 
La “Madonna” in pietra d’Istria è di Giovanni Ferabech (1394).

Cappella delle Reliquie XII già Zambeccari 
Il campanile è impostato su di essa.

Cappella della Santa Croce (XIX) o Cappella Rinaldi
Contiene affreschi di Francesco Lola, Giovanni da Modena e Pietro Lianori. La splendida vetrata venne realizzata dal beato frate Giacomo da Ulma su disegno di Michele di Matteo.

La cappella del SS. Sacramento in San Petronio
Il 4 ottobre nella basilica di San Petronio è riaperta la cappella del Santissimo Sacramento, restaurata su disegno di Angelo Venturoli. Sull’altare, in una nicchia che fu disegnata dal Vignola nel XVI secolo, si trova il trono del Santissimo di Alessandro Algardi, costruito con marmi provenienti da Roma antica. Per il nuovo allestimento, voluto dal marchese Antonio Malvezzi Campeggi, sono stati utilizzati il tabernacolo che prima si trovava nella chiesa delle monache di Santa Margherita e alcuni stalli del coro degli Olivetani di San Michele in Bosco.


quattro_crociIl mistero delle quattro croci
A delimitare la città di Bononia nei primi secoli di occupazione romana c’erano le cosiddette “quattro croci”. Per raccontare la loro storia occorre partire dal martirio dei santi Vitale e Agricola, che risale presumibilmente alla fine del III secolo, durante le persecuzioni ai cristiani volute dall’imperatore Diocleziano. Va sottolineato che i loro resti erano sepolti nel cimitero ebraico a testimonianza, forse, del fatto che fossero di origine giudaica. Di certo è escluso che Agricola fosse un cittadino romano, perché la pena sarebbe stata la decapitazione, e non la crocifissione. I loro corpi vennero riesumati dal vescovo di Milano, Ambrogio, nel 387 in visita a Bologna, città che in quegli anni era sotto la giurisdizione del capoluogo lombardo. La vita dei due santi, avvolta nel mistero, sarà argomento di discussione, durante il tour.


L’evento, che si terrà sabato, 1° dicembre 2018 (con punto di ritrovo in Piazza Galvani, davanti alla Banca di Bologna), partirà alle ore 20, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà alle 21:45 (con cena tradizionale o vegetariana, la conclusione è prevista per le ore 23). Auricolari forniti dallo staff, obbligatori per l’entrata in Basilica. 

Costo della sola visita guidata (con ingresso esclusivo presso la Basilica di San Petronio + guida turistica + radio guide):  25,00.
Visita guidata + cena (con cucina tradizionale o vegetariana, presso la “Trattoria Belfiore”):  45,00.
I bambini, sotto i 5 anni di età, non pagano la visita guidata (pagano per intero, soltanto la cena).

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/WhatsApp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Santarcangelo di Romagna (RN), 16 dicembre 2018, ore 10: “Tutti giù per terra”. Viaggio nella città sotterranea e nel borgo medievale…

Nel sottosuolo di Santarcangelo di Romagna, c’è una storia sotterranea e misteriosa, dove cavità, pozzi, cunicoli e gallerie, costituiscono una città sotterranea, ai più ancora sconosciuta…

tuttigiuperterra_sant_natal“Tutti giù per terra” è un viaggio. Un viaggio misterioso ed emozionante. Una Santarcangelo d’altri tempi. Un sottosuolo ricco di vicende storiche, dove esistono suggestioni e sensazioni uniche, in un mondo sotterraneo, isolato nella sua quiete millenaria.

Un tour davvero singolare, che partirà dalla città sotterranea e arriverà all’antico borgo medievale. Una visita guidata dall’atmosfera suggestiva e indimenticabile.

grotte01-bigPrima tappa: GLI IPOGEI…
Gli ipogei di Santarcangelo, erroneamente definiti tufacei, sono circa 150, scavati nell’arenaria e nell’argilla. Situati nella parte orientale del colle Giove, sono disposti su tre piani. Vengono distinti in “grotte a struttura semplice“ ed altre a “struttura complessa”. I primi presentano solitamente un corridoio con nicchie laterali a pettine e copertura a botte o crociera; i secondi, complessivamente cinque, sono caratterizzati invece da una struttura molto più articolata. Se per i primi si è ipotizzato un uso pratico (depositi, cantine per la conservazione del nostro Sangiovese, grazie ad una temperatura costante di 12/13 gradi), per i secondi non si esclude, invece, una finalità cultuale. ipogei (58)Gli studiosi, a tale proposito, avanzano numerose ipotesi: tombe etrusche, grotte paleocristiane, sacelli per il culto orientale del Dio Mitra, basilichette di monaci Basiliani. Tuttora è un vero mistero! Sappiamo invece con certezza che, indipendentemente dalla loro origine, sono stati ottimi rifugi per gli abitanti della città durante la seconda guerra mondiale, occasione in cui furono messi tutti in comunicazione.

roccaSeconda tappa: ROCCA MALATESTIANA…
Passeggiando in via della Cella, si giunge all’ingresso dell’imponente Rocca, importante baluardo di difesa della famiglia Malatesta. La struttura è caratterizzata da un’alta torre del XIV secolo, così descritta da Cesare Clementini, storico riminese del 1600: “Carlo Malatesta… rizzò da fondamenti una torre, chi’in altezza e beltà superava le più famose e nominate d’Italia e dentro ad essa erano due scale a lumaca per salire e discendere… riputata poco meno che l’ottava meraviglia del mondo”.

porta_campanoneTerza tappa: PORTA DEL CAMPANONE VECCHIO…
Costituisce il più antico accesso della prima fortificazione sorta sul colle Giove. Era sormontata da una torre campanaria fino al 1880 circa, periodo in cui la popolazione, suo malgrado, decise di abbatterla poiché fatiscente. Sono ancora visibili i resti della prima cinta muraria in prossimità della porta, attraversata la quale si compie un viaggio indietro nel tempo. Piccole casette colorate, bastioni e torri caratterizzano le viuzze del borgo antico, giardini pensili e terrazzi adornati con ulivi e fiori invitano il visitatore a soffermarsi un attimo, assorto nella loro contemplazione, inebriato dai mille colori e dagli intensi profumi.

porta_cerveseQuarta tappa: PORTA CERVESE…
Conosciuta anche come “Porta del Sale”, costituisce l’unico accesso rimasto della seconda cinta muraria della città (in passato erano 4). Costruita dalla famiglia Malatesta, è così denominata poiché immette sulla via che in passato collegava Santarcangelo con Cervia, città nota soprattutto per le numerose saline. Munita in origine di un ponte levatoio, mostra tuttora traccia delle corsie per lo scorrimento degli assi.

campanone Quinta tappa: CAMPANONE
Si erge maestoso (25 metri di altezza) nel cuore del borgo medievale, in piazzetta Galassi; è forse il monumento più identificativo della città. Costruito nel 1893, in stile neogotico con merlatura in alto e coronato dall’immagine di San Michele Arcangelo in ferro battuto a mano indicante la direzione del vento. Il suo profilo ha ispirato numerosi artisti della città ed ha costituito inoltre lo scenario ideale per gli spettacoli più suggestivi del Festival dei Teatri.


L’evento, che si terrà domenica, 16 dicembre 2018 (con punto di ritrovo in via Cesare Battisti n. 5, davanti allo IAT di Santarcangelo di Romagna), partirà alle 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà alle 13. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (con ingresso esclusivo presso gli Ipogei + guida turistica + radio guide):  20,00.
Visita guidata + pranzo (con cucina tradizionale o vegetariana, presso il ristorante “La Tavernetta” – abbiamo testato la trattoria e si mangia in modo spettacolare!):  40,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata (pagano per intero, soltanto il pranzo). I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni di esclusività del tour, con ingressi a tappe, prenotati e remunerati in anticipo, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si terrà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Sabato, 15 dicembre 2018, ore 19:30 (apertura straordinaria, in esclusiva, dopo 5 anni di attesa): Seven, le Sette Chiese. Misteri ed enigmi all’interno della basilica di Santo Stefano…

Seven, le Sette Chiese: alla scoperta della basilica di Santo Stefano, un’estasi di meraviglia e di curiosità, che solo tanta bellezza arcana sa sprigionare…

santo_stefanoA Bologna, nel centro storico, è situato un complesso religioso di straordinaria importanza, sia per la fede che per l’arte, che per i misteri ad esso collegati: il complesso abbaziale di Santo Stefano, un aggregato di edifici che riproducono i luoghi Santi di Gerusalemme…

Il complesso, racchiuso da una cancellata, fu sicuramente impostato sul modello dei Luoghi Santi di Gerusalemme in seguito all’impulso dato dalla prima Crociata, che vide la partecipazione di alcuni bolognesi. Si può pensare che i Cavalieri Templari abbiano svolto, in seguito, un ruolo nella realizzazione degli spazi del più affascinante complesso religioso di Bologna. 

bologna-piazza-santo-stefano-tramonto-foto-peterzulLa basilica di Santo Stefano, in pillole: divenne un antico tempio trasformato in un nucleo di edifici sacri cristiani, in epoca tardo romana, da Petronio (uomo colto, che aveva viaggiato in Oriente e aveva portato reliquie della passione a Bologna, tra cui la vera croce di Gesù, la colonna della flagellazione e, infine, la benda della Vergine Maria). È un luogo molto caro al cuore dei bolognesi. Le donne si recavano presso la basilica a pregare per un parto sano e sicuro, persino le prostitute vi erano ammesse, in particolari giorni dell’anno. È un luogo misterioso, intriso di 1500 anni di storia, nonché, un concentrato di misteri, leggende e tradizioni bolognesi. È un luogo di ritrovo della società dei Lombardi, eredi dei Templari, inoltre, un luogo di meditazione e studio da parte di Dante Alighieri, durante la sua permanenza nel capoluogo emiliano. Sede della comunità benedettina di Bologna. Luogo dell’antico tempo di Iside. Contiene, infine, uno dei presepi più antichi al mondo.


20151009-145148-largejpgLa chiesa di Santo Stefano è il luogo con la storia più originale di tutta Bologna. Sorta sulla base di un antico tempio pagano, fu immaginata come copia fedele del Santo Sepolcro di Gerusalemme, vide nei secoli una serie di ampliamenti che portarono non ad una ma a ben sette chiese, e una di queste chiese divenne talmente famosa per un ritrovamento inaspettato che fu necessario un intervento “straordinario” del papa. Delle sette chiese originarie al giorno d’oggi ne rimangono quattro, e soltanto una ha portato il nome di S. Stefano in un periodo incerto tra il V e l’ VIII secolo, poi lo ha cambiato dedicandosi al Santo Sepolcro, e del protomartire non è rimasta nemmeno una cappella. 22705538328_3ddb687e48_bComunque l’intero complesso è ricordato come Ecclesia Sancti Stephani e al giorno d’oggi comunemente indicato come Santo Stefano alle sette chiese.

La storia comincia una notte dell’anno 429, quando a papa Celestino I appare in sogno San Pietro che gli ordina di consacrare Petronio vescovo di Bologna. Considerando la motivazione della nomina (per inconfutabile segno divino) e il fatto che il buon Petronio sembra vantare origini nella famiglia imperiale di Costantino e Teodosio, la vicenda anticipa di più di un millennio l’attuale stile italiano di attribuzione delle cariche importanti. Petronio aveva abbandonato una posizione sociale molto elevata per entrare nell’ordine sacerdotale, era uomo di santa vita ed esercitato fin dall’adolescenza negli studi dei monaci, aveva meditato come eremita nei deserti egiziani, ma soprattutto aveva visitato più volte Gerusalemme, tornandone arricchito di informazioni e con reliquie di prim’ordine, tra cui il piede sinistro di Santa Caterina e un frammento della vera croce (a detta di alcune malelingue comprate per 3000 pezzi d’oro da mercanti saraceni). E a quanto pare decide di ricostruire a Bologna una Gerusalemme da dedicare ai suoi fedeli locali.

Bologna-Santo-Stefano-sepolcroGerusalemme e i luoghi santi all’epoca esercitavano un richiamo enorme sull’immaginario europeo, e i cristiani, finalmente liberi dalle persecuzioni dei secoli passati, vorrebbero vedere con i loro occhi la Terra Promessa dalla quale è arrivata la luce della speranza, anche per ottenere di riflesso la remissione e il premio dei giusti. Il progetto comincia dalla trasformazione in battistero cristiano di un antico tempio di Iside, che attorno all’anno 100 era stato fatto costruire da una ricca matrona bolognese a circa 80 metri dalla via Emilia, la strada che collegava Rimini con Piacenza. Rimasta vedova di Osiride, ucciso dal fratello Seth, Iside supplica il supremo dio Ra di ridar vita al marito, e Ra lo concede, ma solamente se lei riuscirà a ritrovare ogni parte del corpo di Osiride, ormai sparsa un po’ ovunque nel mondo. Dopo varie peripezie Iside ricompone il corpo di Osiride e Ra mantiene la promessa. A parte la vicenda intricata, soprattutto considerando il fatto che Iside Osiride e Seth erano tutti fratelli, tornando alla chiesa di SantoSanto Stefano il fatto interessante è che l’iniziazione al culto di Iside prevedeva un rituale molto simile a quello del battesimo, ed in entrambi i culti c’è il medesimo concetto di resurrezione come premio alla fede e al sacrificio. La fonte originaria viene riconsacrata con l’acqua del Giordano, e il colonnato circolare a cielo aperto che la circonda viene chiuso con un muro e sormontato con una cupola. Le colonne esistono ancora oggi all’interno del battistero: le colonne originali del sacrario di Iside sono quelle in cipollino nero (sette in tutto), mentre quelle in mattoni sono state aggiunte dopo.

Durante il vescovato di Petronio, negli anni 431-450, l’iseo diventa dunque un battistero cristiano coperto, ed accanto viene costruita la chiesa di San Vitale, la seconda delle 7 chiese. Successivamente poco distante viene aggiunto il Martyrium. Nel 737 arrivano i Longobardi. Non toccano l’esistente complesso, ma costruiscono un quartiere accanto al complesso, e una nuova chiesa a destra del battistero che dedicano a San Giovanni Battista. Nella parte posteriore sorgono nove piccoli edifici, alcuni dei quali sono dati in uso ad un gruppo di monaci detti Stefaniani, di cui però non si conosce né provenienza né devozione. Negli anni 1000-1100 i monaci Benedettini costruiscono il campanile, il chiostro, un grande monastero e una nuova chiesa, quella che sarà chiamata del Cenacolo (che sorge a sinistra del campanile). In questo periodo anche il battistero originario viene trasformato in chiesa, quella del Santo Sepolcro, a pianta ottagonale e tamburo della cupola a dodici lati.

2590200541_d2e07234dc_o-810x538 A questo punto la storia diventa interessante: verso la fine del 1300 viene rinvenuta una tomba di epoca romana sepolta sotto il pavimento dell’attuale chiesa dei santi Vitale e Agricola, su cui è nitidamente inciso il nome “Simone”, che era il nome originario di San Pietro (ribattezzato poi da Gesù “Kefa”, che in aramaico significa appunto “pietra”).
Nessuno si pone minimamente il dubbio che possa trattarsi di un qualsiasi altro Simone, e il sarcofago viene collocato sull’altare, il vescovo fa suonare le campane a festa e la chiesa è immediatamente dedicata a San Pietro. E tra i pellegrini che arrivano dal nord si diffonde la voce che il sepolcro del primo vicario di Cristo in terra non si trova a Roma, ma a Bologna. La notizia arriva anche in Vaticano, ma in un primo momento non viene creduta perché troppo inverosimile. E poi nel dicembre del 1399 si era a poche settimane dal nuovo anno santo e c’erano ben altri pensieri per l’organizzazione. Ma già a febbraio i cardinali preposti alle celebrazioni del Giubileo si accorgono che qualche cosa non funziona: gli arrivi dei pellegrini sono inferiori al previsto, e anche la durata del soggiorno di quelli che arrivano è ridotta. Nonostante il grande successo di questo giubileo riportato da molte cronache, si comincia a lamentare il clero, si lamentano osti e artigiani, cerusici e negozianti, persino ladri e prostitute: è un disastro economico, ed è dovuto al fatto che i pellegrini si fermano a Bologna e tornano a casa contenti e ricolmi di indulgenze. La risposta di Bonifacio VIII è durissima: la chiesa viene sconsacrata e il vescovo ha l’ordine di demolirla e reinterrare il sarcofago in un luogo segreto con la massima discrezione, nonché ovviamente di spiegare ai fedeli che i veri resti di San Pietro non si sono mai mossi da Roma. Nel giro di pochi giorni crollano il tetto e le parti alte delle mura, la tomba sparisce. Quindi, caso unico nella storia, una chiesa non viene distrutta dagli infedeli ma dal primo ministro di Dio, il Papa. E tutto questo senza dare scandalo, ma a maggior gloria del Signore, le cui vie sono decisamente infinite. Questo comportamento può sembrare inverosimile al giorno d’oggi,  basilica-santuario-dima a quei tempi molti vicari di Cristo si preoccupavano più degli interessi personali che del Santo Ufficio. Ad esempio tra le sante opere di papa Bonifacio VIII, oltre alla incredibile distruzione della chiesa di Santo Stefano, possiamo anche ricordare l’incarcerazione e successiva eliminazione del suo inoffensivo predecessore Celestino V (colui che fece per viltade il gran rifiuto) e l’aver completamente raso al suolo l’intera città di Palestrina per motivi di vendetta personale contro i Colonna.

2012-11-ipad-486-0Tornando alla chiesa distrutta, soltanto settant’anni più tardi Sisto IV consentirà che la chiesa, ormai in completa rovina, sia riaperta al culto, purché dedicata ai santi Vitale e Agricola (due martiri bolognesi uccisi nella persecuzione di Domiziano nel 304). Probabilmente il tutto fu dovuto alle ambizioni e agli interessi del nipote, Girolamo Riario, che difatti nel 1473 diventa signore di Imola e subito dopo anche di Forlì. Nell’attuale chiesa i sarcofaghi dei santi sono ai lati dell’abside: quello di San Vitale è alla sinistra, sul suo sarcofago è scolpito un pavone, simbolo dell’immortalità; quello di Agricola è sul lato destro, è più ricco e rifinito dell’altro, e porta i simboli del cervo e del leone. L’altare centrale è un’ara pagana con il coperchio rivoltato.

Sancta_Jerusalem_di_Bologna._Prima_Chiesa,_SS._Trinità_sul_Cortile_di_Pilato._-_panoramioNonostante tutto i bolognesi rimasero affezionati alla loro piccola Gerusalemme. Tra il 1400 e il 1800 il complesso raggiunse il suo massimo sviluppo, e tranne piccole modifiche è giunto intatto ai nostri giorni.  In particolare qui possiamo osservare la più antica, e si suppone più fedele, ricostruzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme.  Grazie alle testimonianze dei cavalieri crociati il sepolcro venne ricostruito nelle stesse forme e proporzioni di quelle che l’imperatore bizantino Costantino IX Monomaco aveva eretto a Gerusalemme nel 1050, che a sua volta replicava quanto più fedelmente possibile il disegno dell’originale (vedi anche note a fondo pagina).

Curiosità

Nella cripta di San Giovanni Battista c’era (e c’è ancora) una colonna che venne portata dal vescovo Petronio di ritorno dalla Terra Santa e che documenta l’altezza di Gesù Cristo (circa un metro e settanta). Nella stessa chiesa una pietà in cartapesta ricorda le quaresime del ‘700, quando le beghine facevano il giro delle taverne sequestrando i mazzi di carte da gioco, che portavano poi a macerare per riprodurle in immagini sacre a remissione dei peccati commessi da mariti e figli. Sulla facciata della chiesa del Santo Sepolcro resta il segno di un’altra leggenda: una pietra nera così lucida che le donne vi si specchiavano. Indignato per tanta vanità un santo eremita fece un incantesimo e da quel giorno le donne non viderò più i loro volti ma i loro peccati. Il vescovo proibì allora a tutti ad avvicinarsi alla pietra, e prodigiosamente la pietra diventò così opaca da non riflettere più nulla. Il Santo Sepolcro era la tomba scavata nella roccia dove venne deposto il corpo di Gesù Cristo. Il sepolcro originario, quello di Giuseppe di Arimatea, venne distrutto nell’anno 135 quando l’imperatore Adriano fece radere al suolo Gerusalemme a seguito della rivolta del 132. L’operazione venne eseguita dalla XXII Legione, che in seguito venne spostata sul limes e ampliò il piccolo avamposto di Mogontiacum, l’attuale Magonza. Fu l’imperatore Costantino I che a seguito del concilio di Nicea del 325 ordinò l’edificazione di una chiesa nei luoghi della passione di Gesù Cristo. La pietra in cui fu scavato il Santo Sepolcro venne chiusa da un piccolo edificio: l’edicola dell’Anastasis, chiesa consacrata nel 335.


L’evento, che si terrà sabato, 15 dicembre 2018 (con punto di ritrovo in via Santo Stefano n. 24, davanti alla basilica di Santo Stefano), partirà alle ore 19:30, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà dopo un paio d’ore. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (con ingresso ESCLUSIVO alla basilica di Santo Stefano, guida turistica e radio guide):  22,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata.
I ragazzi, dai 7 ai 18 anni e gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…