Bologna. Sabato, 27 ottobre 2018, ore 10: “Genesis: San Giacomo Maggiore, misteri, affreschi e leggende”. Con apertura straordinaria della cappella Bentivoglio…

san_giacomoBologna custodisce tesori di un fascino intrinseco di bellezza e mistero. San Giacomo è uno di questi. Gotico, rinascimentale e romanico, si sposano, in un’esplosione di mistica bellezza…

La chiesa di San Giacomo Maggiore, è una splendida basilica che sorge nel centro storico bolognese. Al suo interno, conserva una ricchissima collezione di preziosi capolavori artistici. Ne racconteremo la storia, l’arte, le origini e i misteri.

All’inizio di via Zamboni, nel centro storico di Bologna, sorge la chiesa di San Giacomo, il cui interno è di un’inimmaginabile bellezza. Arte, storia, cultura, si miscelano perfettamente, per creare uno spettacolo di stili che lasciano letteralmente a bocca aperta il visitatore, il quale resta assolutamente affascinato da tanto, incredibile, splendore…

s_giacomo_facciata_verticaleQuesta cospicua chiesa, sorge in piazza Rossini e presenta il suo fianco sinistro sulla via Zamboni, mediante un porticato che è nel novero dei più celebri della città e di cui dicono architetto Giovanni Paci da Ripatransone nel 1478, per ordine di Giovanni II Bentivoglio, che allora era signore di Bologna ed all’apice della sua potenza. Erroneamente fu da qualche autore attribuito al Nadi, il quale, parlando nel suo Diario delle opere compiute in Bologna, non fa cenno di questa, che pur sarebbe stata fra le considerevoli per6924622214_0d2900c458_b importanza e per valore artistico, fra le eccellenti. Questo porticato colla fronte che dà in via Zamboni è riccamente decorato da belle terrecotte, con putti, fiori, festoni e teste, in una delle quali s’è dal popolo convenuto di riconoscere quella di Giovanni II Bentivoglio. Sotto
il portico corrispondono alle arcate nove nicchie, ora in parte murate, serbanti tracce di pitture rudimentali e giottesche: in ognuna di queste nicchie era un sepolcro con una croce conservante ancora qualche traccia di smalto. All’estremità del portico fu lasciata aperta una di tali nicchie, nella quale un dipinto assai avariato, rappresentante il Santo Sepolcro scoperchiato, porta la scritta del pittore Johanes Othonelli.

Via_Zamboni_-_San_Giacomo_Maggiore_-_Bologna_IT-1La chiesa di San Giacomo Maggiore fu cominciata nell’aprile 1267 in stile lombardo, del quale sulla facciata, particolarmente adorna di buone terrecotte e di maioliche modellate eFra_Angelico_055 smaltate, conserva la caratteristica originalità. La porta, a stipiti finemente scolpiti, si deve ad un discepolo di Ventura da Bologna. All’interno più che all’esterno la chiesa di San Giacomo Maggiore serba l’impronta dei successivi ampliamenti e rimaneggiamenti, ai quali fu assoggettata negli anni 1281, 1285 e nel 1493-97, nei quali al soffitto di legno si sostituirono le volte ancora oggi esistenti. Con questi lavori l’interno della chiesa ha perduto l’originario carattere lombardo ed ha preso aspetto tutto proprio, che, secondo il Ricci, trova qualche riscontro o somiglianza colla struttura interna del duomo di Gubbio ad una sola navata, ma distinta lateralmente da muricciuoli salienti di fronte, a guisa di piloni e risalti ad arco sotto il coperto. Nel mezzo c’era il coro, costrutto nel 1333, pulpito e la Schola cantorum, tolti di là nel XV secolo. La cupola, crollata nel 1562, fu rifatta su linee semplici dal Terribilia. Numerosissimi, e fra questi molti anche pregevoli, sono i dipinti ed i quadri che ornano le varie parti e le cappelle di questa chiesa. Possiamo citare fra oratorio-di-santa-ceciliagli artisti che quivi operano: Ercole Procaccini (1573); Bartolomeo Passarotti (1565), imitatore del Correggio; Prospero Fontana; Innocenzo da Imola, colla bella tavola di Santa Caterina, datata dal 1536; l’Arcangelo Michele di Dionigi Calvart; e poscia dipinti del Villanova, di Lorenzo da Venezia, di Antonio Bibiena, di Pellegrino Tibaldi – che architettò anche la cappella del Battesimo di Gesù – di Lavinia Fontana, di Tommaso Laureti, del Brizzi, del Bogliani e di altri.

3344cb57e501a20e6f947bfebfe80e38 Parte importante della chiesa di San Giacomo Maggiore è la famosa cappella di Bentivoglio, cominciata nel 1445 e che da Giovanni II fu fatta ampliare accorciando la vicina chiesa di Santa Cecilia, in compenso di che ottenne che a pubblica spesa fosse eretto il magnifico porticato or dianzi descritto. Questa cappella contiene parecchi pregevoli dipinti, cioè la stupenda tavola della Madonna col Bambino del Francia, incorniciata in un vaghissimo intaglio del Formigine. Lo stesso Francia (Francesco Raibolini) dipinse anche la Pietà, soprastante all’altare. La grande lunetta rappresentante la Visione apocalittica è ritenuta di Lorenzo Costa, del quale sono pure i due pregevoli Trionfi laterali ed il quadro rappresentante Giovanni II Bentivoglio colla sua famiglia in adorazione davanti alla Vergine. Le altre due lunette, condotte con fare più largo, non hanno indizio d’ autore. Vicino è un altorilievo attribuito a Nicolò dall’Arca, rappresentante Annibale Bentivoglio a cavallo (1458). Ma la figura tozza del cavallo e quella sproporzionatamente piccola del cavaliere fanno dubitare della paternità di quest’opera attribuita allo squisito artefice dell’Arca di San Domenico e della Madonna del Palazzo Pubblico. Nel pilastro ha un rettangolo marmoreo finemente scolpito, con un ritratto di Giovanni II Bentivoglio, il fondatore della cappella. Il pavimento di questa cappella è in mattonelle di maiolica faentina a bellissimo smalto e combinate in modo di presentare fra i varii ornamenti il grande stemma della storica famiglia. In San Giacomo Maggiore sono conservati alcuni pregevoli monumenti sepolcrali, fra i quali emergono: il mausoleo di Antonio Bentivoglio, giureconsulto celebre, padre di Annibale: lavoro di bella fattura, ritenuta opera di Jacopo della Quercia, il quale, secondo il Davia, solerte illustratore dei monumenti bolognesi, l’avrebbe eseguito dapprima per una famiglia ferrarese, dei Vari; ma che il Senato di Bologna pose sotto sequestro, non avendo lo scultore adempiuto ai suoi obblighi verso la città; il monumento in cotto del celebre dottore, fisico e filosofo Nicolò Fava junior, morto nel 1439; il monumento del cardinale Agucchi, con statue e bassorilievi eseguiti da Gabriele Tiarini ed il monumento a G.B. Malavolta.


L’evento, che si terrà sabato, 27 ottobre 2018 (con punto di ritrovo davanti alla chiesa di San Giacomo Maggiore, via Zamboni n. 15, Bologna), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà verso le ore 12. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della visita guidata (che comprende: ingresso presso la chiesa di San Giacomo Maggiore, l’oratorio di Santa Cecilia e ingresso esclusivo nella straordinaria cappella Bentivoglio, guida turistica, radio guide):  20,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata. I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/WhatsApp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 17 novembre 2018, ore 10: Acque nascoste in città. Alla ricerca di canali e condutture sotterranee, con straordinaria discesa al Guazzatoio…

acquenascoste_BOLOGNAAlla scoperta di una fittissima ragnatela di canali e torrenti, che nel passato favorì lo sviluppo dei traffici e dei trasporti fino al Po…

Bologna nasconde un complesso reticolo di circa 60 km di vie d’acqua, soltanto in parte visibile. Fin dal XII secolo la città si dota di un sistema idraulico artificiale composto da chiuse, canali e condutture sotterranee che distribuivano l’acqua, utilizzata prevalentemente come fonte di energia per le attività produttive.

Forse non lo sapevate, ma sotto Bologna esiste una piccola Venezia. La città felsinea nasconde sotto le proprie strade una fittissima ragnatela di canali e di torrenti con gli approdi, le chiuse e le antiche vestigia del sistema idraulico che nel passato favorì lo sviluppo dei traffici e dei trasporti fino al Po e, di qui, all’Adriatico e a Venezia…

canale-reno-bologna-wellness-delle-acque-la-grada-700x400CANALE DI RENO: GRADA…
In seguito ad accordi con alcuni privati, nel 1208 il Comune di Bologna fece costruire una nuova chiusa sul fiume Reno a Casalecchio e un canale che entrava in città alla Grada. Il nome si riferisce alle due grate di ferro, tuttora visibili, usate per fermare i rami e le frasche trasportate dalla corrente e per impedire introduzioni clandestine di merci e di persone all’interno della cinta muraria. Il canale di Reno alimentava diverse lavorazioni.

bologna-wellness-delle-acque-lavandaia-nuda-700x400MONUMENTO ALLA LAVANDAIA…
All’incrocio tra via della Grada e via San Felice una statua (a dire il vero molto controversa data l’immagine alquanto succinta e non ritenuta rispettosa) ricorda per sempre il lavoro durissimo della lavandaie di Bologna.

cavaticcioCANALE NAVILE: CAVATICCIO…
All’incrocio fra le attuali vie Riva di Reno e Marconi si dirama il Cavaticcio, realizzato riutilizzando, verosimilmente, l’antico corso del Rio Vallescura che scaturiva dai rilievi collinari fra le porte San Mamolo e Saragozza. Il Cavaticcio alimentava il canale navigabile, chiamato Navile. Lungo il primo tratto del Cavaticcio, caratterizzato da una notevole pendenza, erano distribuite alcune cartiere e segherie per legname, la prima delle quali fu edificata nel 1347.

bologna_salara_arcigayCANALE NAVILE: EX AREA PORTUALE…
Dalla metà del XVI secolo questa area era occupata dal porto cittadino, progettato da Iacopo Barozzi detto il Vignola. Qui iniziava il canale Navile che, alimentato dal Cavaticcio, consentiva di navigare fino a Ferrara e Venezia. L’area portuale era dotata di diverse infrastrutture, fra le quali la settecentesca Salara, ancora visibile sulla destra, utilizzata per il deposito del sale. Con l’abbandono dei trasporti via acqua il complesso portuale venne completamente disattivato fra il 1934 e il 1935.

14736811090_cea3f5d0fe_bCANALE DI RENO: APERTURA ESCLUSIVA DEL GUAZZATOIO (CON DISCESA A RIDOSSO DEL CANALE RENO)…
Lo scivolo scendeva a un guazzatoio destinato all’abbeveraggio e al lavaggio degli equini e dei bovini, realizzato nel canale di Reno nel 1219, anno in cui venne aperta la piazza del Mercato (attuale piazza VIII Agosto).

canale delle moline a bologna CANALE DI RENO: VIA PIELLA, AFFACCIO SUL CANALE…
Scampato alle coperture attuate fra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento, questo tratto di canale fungeva da fossato difensivo della seconda cerchia muraria, edificata nell’XI secolo. In passato il canale era fornito di lavatoi privati a ponte levatoio, costituiti da tavolati di legno sospesi sul livello dell’acqua, e di botti e vasche in cui si calavano le lavandaie per lavare i panni senza bagnarsi.


L’evento, che si terrà sabato, 17 novembre 2018 (con punto di ritrovo presso il Consorzio della Grada, via della Grada n. 12), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà verso le ore 12:15. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (che comprende: ingresso esclusivo al Guazzatoio, meravigliosa location, a ridosso del canale Reno, guida turistica e radio guide):  22,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata. I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna. Domenica, 28 ottobre 2018, ore 10: “TowerLand”. Il tour delle torri, con salita alla straordinaria torre Prendiparte…

tower_landBologna è una città europea dai mille volti. Con le torri e con i portici, elementi architettonici unici, tutti concentrati nel centro storico, è diventata un punto di riferimento architettonico notevole…

È antico il fascino di Bologna. Chi percorre i vicoli del centro storico, i monumenti e i portici che hanno reso celebre nel mondo la città, ne resta completamente ammaliato. Tutti conoscono la Bologna “dotta”, “grassa” e “turrita”. Noi riscopriremo il significato di questi tre appellativi.

Le torri sono un elemento architettonico che le famiglie nobili bolognesi costruivano presso le loro case. Venivano per lo più utilizzate come luoghi di vedetta e di difesa, in tempo di guerra. Dietro alle torri, si nascondono storie straordinarie: amori impossibili, tremendi delitti, leggende incredibili. Ne parleremo e avremo un’occasione senza precedenti: salire sulla torre Prendiparte, la seconda in altezza dopo gli Asinelli, ancora arredata come un tempo e visitabile…

STARTING TOUR: TORRE PRENDIPARTE…18519987_10155129643688382_5746828227371441102_n
(SULLA TORRE PRENDIPARTE SALIREMO ED È UN’OCCASIONE UNICA)
18519998_10155129644793382_5715004538692188474_nNota come la “Coronata”, costruita nella seconda metà del XII secolo, di fianco al Palazzo dell’Arcivescovado. In cima alla torre vi è, infatti, una caratteristica resega, a 4 cuspidi per lato, che assomigliando a una corona ha dato il soprannome al monumento. È la seconda di Bologna per altezza (58,60 metri). Le nove fila di parallelepipedi della base in selenite furo
no più volte restaurati. Lo spessore dei muri alla base è di 2,80 metri che si riduce progressivamente sino a 1,35 metri alla sommità. Come per tutte le torri medievali bolognesi, si tratta di una muratura a sacco: due cortine di prendiparte02laterizio racchiudono un conglomerato di ciottoli di fiume cementati da calce bianca. Tenuto conto delle dimensione del lato alla base (nove metri circa) e dello spessore dei muri, sempre alla base, è presumibile che la torre fosse progettata per essere ancora più alta. Non è neppure escluso (fatto questo accaduto a molte altre torri bolognesi) che sia stata successiv18556050_10155129647113382_7996896471988408450_namente mozzata. La torre venne adibita nel XVIII secolo a prigione per il foro ecclesiastico (all’interno sono ancor oggi visibili la sala dei carcerati e i loro graffiti) e poi divenne abitazione privata, quindi struttura ricettiva. A 18 metri dal suolo vi è lo stemma in arenaria, oggi molto degradato, del primo Arcivescovo di Bologna, Gabriele Paleotti.


asinelliPRIMA TAPPA: TORRE DEGLI ASINELLI…
(97 metri e 498 gradini per raggiungere la cima) Alla fine del ‘300 passò in proprietà al Comune. Il portale, posto sul lato della Torre che dà su Strada Maggiore, fu costruito in epoca rinascimentale quando la torre fu corredata del basso torresotto merlato. Il torresotto ha ospitato, prima, un corpo di guardia, poi, botteghe artigiane e commerciali. Subito dietro il portale, si trova la porticina, con architrave in selenite, che dà accesso alla torre. Questa piccola porta non è coeva alla torre poiché, come detto, tali costruzioni, che avevano scopo prima di tutto difensivo/offensivo, non presentavano porte di accesso, bensì una portafinestra posta a diversi metri dal suolo. Le torri erano, infatti, provviste di vari ballatoi esterni in legno sorretti da barre in selenite, dette meniani, di cui oggi è possibile osservare solo i monconi. Nel corso dei secoli la Torre degli Asinelli ha rappresentato un luogo simbolo per diversi aspetti della vita civile e militare bolognese: gli scienziati Giovanni Battista Riccioli (nel 1640) e Giovanni Battista Guglielmini (nel secolo successivo) utilizzarono la torre per esperimenti sul moto dei gravi e sulla rotazione della terra. Durante la seconda guerra mondiale,tra il 1943 e il 1945, la torre fu utilizzata con funzioni di avvistamento: quattro volontari si appostavano in cima alla torre durante i bombardamenti al fine di indirizzare i soccorsi verso i luoghi colpiti dalle bombe alleate. Infine, una curiosità: la Torre Asinelli nella sua lunga storia fu spesso colpita da fulmini, finché nel 1824 fu collocato l’impianto parafulmine. C’è una leggenda, collegata alla Torre degli Asinelli, di cui parleremo.


STorreGarisenda,Bologna ECONDA TAPPA: TORRE GARISENDA…
Citata nella Divina Commedia di Dante Alighieri, è famosa per la sua pendenza di 3,25 metri verso est/sudest, che indusse ad abbassarla di circa 20 metri a metà del ‘300. A partire dal Quattrocento la torre fu acquistata dall’Arte dei Drappieri, che ne diventò, poi, l’unica proprietaria fino alla fine dell’Ottocento, quando divenne proprietà comunale. Le superfici murarie esterne della torre sono state restaurate fra il 1998 ed il 2000, mentre una prima fase del consolidamento delle murature è stata attuata nel 1999 – 2000. La torre è visitabile dall’esterno.


torreuguzzoniTERZA TAPPA: TORRE DEGLI UGUZZONI…
Situata all’interno della zona della città storicamente riconosciuta come “Ghetto Ebraico”, costruita nel XIII secolo. A differenza delle altre torri costruite tra l’XI e XII secolo, presenta un’elegante porta a sesto acuto all’incirca a livello del suolo che già esisteva all’epoca della sua costruzione. Questa torre, con i due cavalcavia che la fiancheggiano, rappresenta uno degli angoli più caratteristici della Bologna Medievale. Uno dei cavalcavia ha una bella finestra in terracotta di foggia quattrocentesca. Al contrario delle torri vicine (Asinelli,Garisenda, Altabella, Prendiparte) qui alcuni blocchi diselenite del basamento sembrano, almeno in parte, d’epoca, vale a dire non sostituiti durante i restauri eseguiti tra ‘800 e ‘900. Parleremo della torre, collegata alla storia della Lady nera, di Bologna.


GUIDOZAGNIQUARTA TAPPA: TORRE DEI GUIDOZAGNI…
Dopo il crollo avvenuto nel 1487, divenne una casa-torre, cioè un’abitazione fortificata. Questa edificio rappresenta una testimonianza del passato feudale della città e la rivalità tra le famiglie nobili dell’epoca.

ARRENGOQUINTA TAPPA: TORRE DELL’ARRENGO…
Guardando frontalmente palazzo Re Enzo dal centro della Piazza, si vede la Torre dell’Arengo. Lo scarso spessore dei suoi muri alla base, soprattutto nei lati di est-nord e ovest e le  fondamenta poco profonde, non l’hanno mai resa decisamente solida. In origine e siamo all’inizio del 1200, era soltanto un modesto rialzamento sull’incrocio delle due vie coperte dal voltone. Solo successivamente ha potuto assumere forma di torre, e non prima di aver subito notevoli opere di consolidamento della base, di rafforzamento e di restauro. Poco solida ma molto equilibrista dunque, perché i quattro pilastri la sorreggono ma non le evitano di vibrare. Dal 1453, a vibrare ci ha pensato la campana, innalzata da Aristotele Fioravanti nella cella della torre che ancora oggi è possibile vedere. Meglio nota come il “campanone”, visti i suoi 47 quintali di bronzo, chiamava i bolognesi a raccolta, ed ogni 21 aprile continua a ricordare quel giorno del 1945 quando la città venne liberata dal fascismo.

torre accursioSESTA TAPPA: TORRE ACCURSIO…
Situata in Piazza Maggiore, Torre Accursio è anche nota come Torre dell’Orologio. Accursio, che ne era il proprietario, era arrivato da Firenze per studiare legge e divenuto poi illustre giurista, volle costruirsi la sua casa: una costruzione molto grande che includeva una scuola, con il portico verso la piazza, e una torre in angolo. La torre venne inglobata dalla residenza di Accursio che,  poco dopo la morte del proprietario, venne acquistata dal nuovo Comune, in fase di espansione. Con la vendita della casa, degli Accursi sulla scena rimarrà solo il nome dato al futuro municipio di Bologna. Ciò che ancora oggi salta agli occhi è l’enorme orologio meccanico, posto sulla facciata della Torre nel 1444. Alla meridiana posta sulla torre dell’Arengo restava il compito di segnare le ore diurne e soprattutto il mezzogiorno, rispetto a cui venivano tarati tutti gli altri orologi, mentre dal 1451 il nuovo meccanismo  iniziò a scandire anche la notte. Per fare posto al nuovo orologio la vecchia torre  venne un po’ alzata e completata con una torre di modeste dimensioni e consistenza. Dopo il pesante intervento di restauro di tutto il palazzo, eseguito fra il 1885 e il 1887 da Raffaele Faccioli, dalla torre venne rimosso il parapetto rinascimentale a pilastrini, sostituito con la fascia di mattoni considerata più adatta al nuovo aspetto complessivo del palazzo, di ritrovato stile medievale. Infatti il porticato ora visibile sotto palazzo d’Accursio è relativamente recente.

SETTIMA TAPPA: TORRE GALLUZZI…350px-Torre_Galluzzi
Fa parte della cosidetta triade dei grattacieli medievali di Bologna, insieme alle sue colleghe Prendiparte e Azzoguidi, che si stagliano in un’altra zona del centro. Seppur distanti tra loro, le tre torri appartenevano tutte a famiglie di parte guelfa, ovvero filo papali, e non è un caso che si trovino in zone della città cruciali da questo punto di vista: la Azzoguidi e la Prendiparte accanto alla sede vescovile, e la Galluzzi vicino alla prima sede  comunale, l’allora complesso di Sant’Ambrogio. La Galluzzi ancor oggi si distingue per l’altezza (30 metri, sicuramente ridotti rispetto all’origine) e la robustezza: la torre ha muri talmente spessi che ha sempre scoraggiato attacchi e incendi, ostentando una solidità che era sinonimo di potenza e ricchezza. La Galluzzi è interessante anche per il contesto in cui è inserita:  all’interno di un unico nucleo edilizio, che all’epoca veniva definito “curia”,  in cui si trovavano le case abitative, la cappella gentilizia e le torri di un’unica famiglia. Oggi il piano terra della stessa torre,  ospita una libreria dal cui interno è possibile vedere  il tipo di murature originarie messe in evidenza da un ottimo restauro. Dall’esterno, invece, si può osservare la porta originaria della costruzione, quella che si apre a oltre sei metri dal suolo. Da un lato la sua forma, ad arco ogivale (o a sesto acuto, cioè appuntito), dimostra la relativa modernità della Torre, visto che le consorelle antecedenti hanno tutte porte e finestre a modiglioni – cioè squadrate – o a tutto sesto – cioè circolari, stilisticamente più antiche. Dall’altro lato, lascia intravedere una chiara usura da calpestio: ciò potrebbe dimostrare come la porta fosse un punto di collegamento tra la torre e la casa di legno che le si addossava, aggrappata con le sue travi alla muratura della torre stessa.


L’evento, che si terrà domenica, 28 ottobre 2018 (con punto di ritrovo presso piazza Galvani, davanti alla Banca di Bologna), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà verso le ore 13. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (che comprende: ingresso alla torre Prendiparte, guida turistica, radio guide):  25,00.
Visita guidata + pranzo (con cucina tradizionale o vegetariana, presso la “Trattoria Belfiore”):  45,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata (pagano per intero, soltanto il pranzo). I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 3,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/WhatsApp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 10 novembre 2018, ore 11: Misteri all’improvviso. La Certosa e i suoi lati oscuri…

misteri_allimprovvisoA Bologna, nessun luogo è come il cimitero monumentale, il quale raccoglie in sé una moltitudine di storie legate al mondo dell’esoterismo e dell’arcano…

Misteri all’improvviso è un percorso, all’interno della Certosa di Bologna, tra monumenti e leggende, per evocare storie fantastiche di spiriti, luci misteriose, simboli millenari e la presenza di alcune personalità bolognesi legate al mondo dell’occulto.

Nell’universo simbolico della Certosa non mancano aspetti esoterici e massonici. Basti ricordare la presenza di sfingi, ma anche lucerne, caducei e il più conosciuto simbolo dell’eternità: il serpente che divora la propria coda. La stessa storia del luogo registra, inoltre, molti episodi di fantasmi e di storie fantastiche, di morti che si rivolgono ai vivi attraverso i monumenti e i loro spiriti… 

04sgirolamonavataIl cimitero monumentale della Certosa di Bologna si trova appena fuori dal cerchio delle mura della città, vicino allo stadio Renato Dall’Ara, ai piedi del colle della Guardia dove si trova il santuario della Madonna di San Luca.

Nell’immaginario comune i cimiteri sono legati al ricordo degli affetti familiari, luoghi d’arte e memoria collettiva; ma anche al mistero della morte e della perdita, alla notte, a ciò che potrebbe esserci dopo la vita terrena. Il Cimitero della Certosa, fin dalla Alba_chiostro_VI_3sua fondazione avvenuta nel 1801, fu di ispirazione per componimenti poetici e letterari. Nei ricordi di molti personaggi (noti e meno noti) che hanno lasciato traccia scritta della propria visita alla Certosa, non mancano riferimenti a storie bizzarre, leggende misteriose, pratiche inconsuete.

Il cimitero comunale fu istituito nel 1801 riutilizzando le preesistenti strutture della Certosa di San Girolamo di Casara, fondata a metà del Trecento, soppressa nel 1797 da Napoleone, e di cui è sopravvissuta la Chiesa di San Girolamo. La forte passione della nobiltà e della borghesia per la costruzione dei sepolcri familiari trasformò la Certosa in un vero e proprio “museo all’aria aperta”, tappa del grand tourcertosa-di-bolognaitaliano: la visitarono Chateaubriand, Byron, Dickens, Mommsen, Stendhal. In particolare il Chiostro Terzo (o della Cappella) è un ciclo notevole di ispirazione neoclassica e simbologia illuministica; uniche forse nel mondo sono le tombe dipinte a tempera e quelle realizzate in stucco e scagliola. Il cimitero ha subito un forte ampliamento dagli anni cinquanta in poi. Nel 2007 la sala del Pantheon, dagli anni novanta del Novecento già destinata ai riti laici, diventa una sala del Commiato per chiunque intenda usufruire di un periodo di raccoglimento prima del rito; il nuovo allestimento è ad opera dell’artista Flavio Favelli. La chiesa, CERTOSAdiBologna1 (1)non parrocchiale, è da diversi anni gestita dalla comunità dei passionisti.

Un ruolo decisivo nel fascino che distingue la Certosa di Bologna dagli altri cimiteri monumentali europei deriva dalla complessa articolazione degli spazi. Dall’originario nucleo conventuale si diramano logge, sale e porticati che ricreano scorci e ambienti che rimandano alla città dei “vivi”. Anche il porticato ad archi, presente all’entrata est del cimitero, che si congiunge (salvo una brevissima soluzione di continuità) con quello che conduce al santuario della Madonna di San Luca posta sul colle della Guardia, vuole r1zzolimagnani-3significare una continuità fra la necropoli e la città dei vivi.

I ritrovamenti della necropoli etrusca scoperta durante gli scavi archeologici per l’ampliamento del cimitero alla fine dell’Ottocento, sono ora custoditi nel Museo civico archeologico della città. La Certosa di Bologna e il cimitero monumentale rappresentano un vero e proprio museo all’aria aperta, ricco di arte e storia. Basti pensare che già alla fine dell’800 venne ritrovata proprio in questa area una necropoli etrusca. Le 420 tombe rinvenute fecero accorrere studiosi da tutta Europa e oggi sono custodite nel Museo Civico Archeologico.

Tomba_bisteghi1 Fondato nel 1801, il cimitero sorge sulle strutture del convento certosino edificato a partire dal 1334 e soppresso nel 1796. La ricchezza della chiesa di san Girolamo riesce ancora oggi a farsi testimone della ricchezza perduta del convento. È ancora possibile ammirare il grande ciclo di dipinti dedicati alla vita di Cristo, realizzato dai principali pittori bolognesi della metà del XVII secolo. Il cuore del Cimitero bolognese è il Chiostro Terzo, di gusto neoclassico dove, alle iniziali tombe dipinte, si sono poi sostituite  opere in stucco e scagliola e – a partire dalla metà dell’Ottocento – in marmo e bronzo.

Vela_Murat_Carisbo_F1_247All’interno si conserva un vastissimo patrimonio di pitture e sculture realizzate da quasi tutti gli artisti bolognesi attivi nel XIX e XX secolo, ma non solo, rimangono infatti molte testimonianze di artisti provenienti da lontano. Fra gli scultori di maggior rilievo segnaliamo  Giacomo De Maria, Lorenzo Bartolini, Leonardo Bistolfi, Silverio Montaguti e Giacomo Manzù, mentre tra i pittori Pelagio Pelagi e Pietro Fancelli.

Tra i personaggi illustri ospitati nel cimitero ricordiamo: il premio Nobel per la letteratura Giosuè Carducci  i pittori Giorgio Morandi e Bruno Saetti;  il cantante Lucio Dallai fondatori delle aziende Maserati, Ducati e Weber e della casa editrice Zanichelli.

Nel corso del ‘900 diversi monumenti segnano alcuni passaggi della storia nazionale: l‘Ossario dei caduti della prima guerra mondiale, quello ai caduti fascisti, il Monumento ai caduti in Russia nella seconda guerra mondiale, l’Ossario dei partigiani.


L’evento, che si terrà sabato, 10 novembre 2018 (con punto di ritrovo presso l’ingresso principale – Cortile Chiesa, di via della Certosa), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà dopo due ore. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (che comprende: guida turistica, radio guide):  20,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata. I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 20 ottobre 2018, ore 10, 11, 16 e 17 (durata: un’ora): “Giù la testa”. Cunicoli e condotti, sotterranei, realizzati per alimentare la fontana del Nettuno…

Nel sottosuolo di Bologna, c’è tutto un mondo da scoprire, che racconta una parte della città a molti sconosciuta…

giulatesta_bologna“Giù la testa” è un viaggio. Un viaggio nella Bologna rinascimentale. Una cisterna, ricca di cunicoli e condotti, sotterranei, che furono realizzati per alimentare la fontana del Nettuno e l’Orto dei Semplici (attuale piazza coperta di Sala Borsa).

Un tour davvero singolare, dove sono situate vasche originariamente destinate a raccogliere l’acqua proveniente da quattro condotti che si inoltrano nella collina di Valverde e spettacolari cunicoli in mattoni, che si utilizzavano per raccogliere le acque cittadine.

BAGNI3Bagni di Mario o Conserva di Valverde…
Nome erroneamente dato alla Conserva di Valverde, che si suppose luogo per uso termale quando venne scoperta, nel XX secolo, anche se in realtà non ha mai avuto attinenza con quell’uso. Cisterna di epoca rinascimentale (1563) eseguita da Tommaso Laureti, architetto palermitano, fu realizzata per alimentare la Fontana del Nettuno e altre particolarità idrauliche come l’Orto dei Semplici (oggi piazza coperta della ex Sala Borsa).

i-bagni-di-marioLivello superiore: scendendo nel sottosuolo incontriamo, oltre ad un vestibolo, una spettacolare sala ottagonale (sovrastata da un’ampia cupola avente stessa forma) dove, nel piano di calpestio, sono scavate otto piccole vasche originariamente destinate a raccogliere l’acqua proveniente da quattro condotti che si inoltrano nella collina di Valverde. Da questi l’acqua usciva depurata mediante un procedimento di decantazione. All’interno del primo cunicolo si segnala la particolarità di un camino di aerazione completamente ricoperto da incrostazioni calcaree secolari. Sempre al livello superiore è presente una seconda piccola camera ottagonale, detta Cisternetta, dotata di un’ulteriore vasca di decantazione, collegata, tramite una breve scala, alla sala principale. L’acqua che usciva da questa seconda camera scendeva al livello inferiore tramite apposita tubazione.

bologna-acque-sotterranee-cisterna-di-valverde-bagni-di-mario-5Livello inferiore: tutte le acque provenienti dal livello superiore procedevano all’interno di un cunicolo in mattoni fin nei pressi della chiesa di Santa Maria dell’Annunziata, dove si univano a quelle del condottobologna-acque-sotterranee-cisterna-di-valverde-bagni-di-mario-800 del Remondato (Fonte Remonda) che a sua volta raccoglieva le acque che scaturivano da san Michele in Bosco.


L’evento, che si terrà sabato, 20 ottobre 2018 (con punto di ritrovo presso Bagni di Mario – Conserva di Valverde, via Bagni di Mario n. 10, Bologna), partirà alle 10, alle ore 11, alle ore 16 e, infine, alle ore 17 (durata del tour: un’ora), con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà dopo un’ora

Costo della sola visita guidata (con ingresso esclusivo + guida turistica):  25,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età, non possono partecipare. I ragazzi, dai 7 ai 18 anni e gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo della visita guidata. Le persone con disabilità, non pagano.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni di esclusività del tour, con ingressi a tappe, prenotati e remunerati in anticipo, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si terrà ugualmente, perché completamente al chiuso (verrà modificato esclusivamente il punto di ritrovo).

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 26 ottobre 2018, ore 20 (apertura straordinaria, in esclusiva, dopo 5 anni di attesa): Seven, le Sette Chiese. Misteri ed enigmi all’interno della basilica di Santo Stefano…

Seven, le Sette Chiese: alla scoperta della basilica di Santo Stefano, un’estasi di meraviglia e di curiosità, che solo tanta bellezza arcana sa sprigionare…

santo_stefanoA Bologna, nel centro storico, è situato un complesso religioso di straordinaria importanza, sia per la fede che per l’arte, che per i misteri ad esso collegati: il complesso abbaziale di Santo Stefano, un aggregato di edifici che riproducono i luoghi Santi di Gerusalemme…

Il complesso, racchiuso da una cancellata, fu sicuramente impostato sul modello dei Luoghi Santi di Gerusalemme in seguito all’impulso dato dalla prima Crociata, che vide la partecipazione di alcuni bolognesi. Si può pensare che i Cavalieri Templari abbiano svolto, in seguito, un ruolo nella realizzazione degli spazi del più affascinante complesso religioso di Bologna. 

bologna-piazza-santo-stefano-tramonto-foto-peterzulLa basilica di Santo Stefano, in pillole: divenne un antico tempio trasformato in un nucleo di edifici sacri cristiani, in epoca tardo romana, da Petronio (uomo colto, che aveva viaggiato in Oriente e aveva portato reliquie della passione a Bologna, tra cui la vera croce di Gesù, la colonna della flagellazione e, infine, la benda della Vergine Maria). È un luogo molto caro al cuore dei bolognesi. Le donne si recavano presso la basilica a pregare per un parto sano e sicuro, persino le prostitute vi erano ammesse, in particolari giorni dell’anno. È un luogo misterioso, intriso di 1500 anni di storia, nonché, un concentrato di misteri, leggende e tradizioni bolognesi. È un luogo di ritrovo della società dei Lombardi, eredi dei Templari, inoltre, un luogo di meditazione e studio da parte di Dante Alighieri, durante la sua permanenza nel capoluogo emiliano. Sede della comunità benedettina di Bologna. Luogo dell’antico tempo di Iside. Contiene, infine, uno dei presepi più antichi al mondo.


20151009-145148-largejpgLa chiesa di Santo Stefano è il luogo con la storia più originale di tutta Bologna. Sorta sulla base di un antico tempio pagano, fu immaginata come copia fedele del Santo Sepolcro di Gerusalemme, vide nei secoli una serie di ampliamenti che portarono non ad una ma a ben sette chiese, e una di queste chiese divenne talmente famosa per un ritrovamento inaspettato che fu necessario un intervento “straordinario” del papa. Delle sette chiese originarie al giorno d’oggi ne rimangono quattro, e soltanto una ha portato il nome di S. Stefano in un periodo incerto tra il V e l’ VIII secolo, poi lo ha cambiato dedicandosi al Santo Sepolcro, e del protomartire non è rimasta nemmeno una cappella. 22705538328_3ddb687e48_bComunque l’intero complesso è ricordato come Ecclesia Sancti Stephani e al giorno d’oggi comunemente indicato come Santo Stefano alle sette chiese.

La storia comincia una notte dell’anno 429, quando a papa Celestino I appare in sogno San Pietro che gli ordina di consacrare Petronio vescovo di Bologna. Considerando la motivazione della nomina (per inconfutabile segno divino) e il fatto che il buon Petronio sembra vantare origini nella famiglia imperiale di Costantino e Teodosio, la vicenda anticipa di più di un millennio l’attuale stile italiano di attribuzione delle cariche importanti. Petronio aveva abbandonato una posizione sociale molto elevata per entrare nell’ordine sacerdotale, era uomo di santa vita ed esercitato fin dall’adolescenza negli studi dei monaci, aveva meditato come eremita nei deserti egiziani, ma soprattutto aveva visitato più volte Gerusalemme, tornandone arricchito di informazioni e con reliquie di prim’ordine, tra cui il piede sinistro di Santa Caterina e un frammento della vera croce (a detta di alcune malelingue comprate per 3000 pezzi d’oro da mercanti saraceni). E a quanto pare decide di ricostruire a Bologna una Gerusalemme da dedicare ai suoi fedeli locali.

Bologna-Santo-Stefano-sepolcroGerusalemme e i luoghi santi all’epoca esercitavano un richiamo enorme sull’immaginario europeo, e i cristiani, finalmente liberi dalle persecuzioni dei secoli passati, vorrebbero vedere con i loro occhi la Terra Promessa dalla quale è arrivata la luce della speranza, anche per ottenere di riflesso la remissione e il premio dei giusti. Il progetto comincia dalla trasformazione in battistero cristiano di un antico tempio di Iside, che attorno all’anno 100 era stato fatto costruire da una ricca matrona bolognese a circa 80 metri dalla via Emilia, la strada che collegava Rimini con Piacenza. Rimasta vedova di Osiride, ucciso dal fratello Seth, Iside supplica il supremo dio Ra di ridar vita al marito, e Ra lo concede, ma solamente se lei riuscirà a ritrovare ogni parte del corpo di Osiride, ormai sparsa un po’ ovunque nel mondo. Dopo varie peripezie Iside ricompone il corpo di Osiride e Ra mantiene la promessa. A parte la vicenda intricata, soprattutto considerando il fatto che Iside Osiride e Seth erano tutti fratelli, tornando alla chiesa di SantoSanto Stefano il fatto interessante è che l’iniziazione al culto di Iside prevedeva un rituale molto simile a quello del battesimo, ed in entrambi i culti c’è il medesimo concetto di resurrezione come premio alla fede e al sacrificio. La fonte originaria viene riconsacrata con l’acqua del Giordano, e il colonnato circolare a cielo aperto che la circonda viene chiuso con un muro e sormontato con una cupola. Le colonne esistono ancora oggi all’interno del battistero: le colonne originali del sacrario di Iside sono quelle in cipollino nero (sette in tutto), mentre quelle in mattoni sono state aggiunte dopo.

Durante il vescovato di Petronio, negli anni 431-450, l’iseo diventa dunque un battistero cristiano coperto, ed accanto viene costruita la chiesa di San Vitale, la seconda delle 7 chiese. Successivamente poco distante viene aggiunto il Martyrium. Nel 737 arrivano i Longobardi. Non toccano l’esistente complesso, ma costruiscono un quartiere accanto al complesso, e una nuova chiesa a destra del battistero che dedicano a San Giovanni Battista. Nella parte posteriore sorgono nove piccoli edifici, alcuni dei quali sono dati in uso ad un gruppo di monaci detti Stefaniani, di cui però non si conosce né provenienza né devozione. Negli anni 1000-1100 i monaci Benedettini costruiscono il campanile, il chiostro, un grande monastero e una nuova chiesa, quella che sarà chiamata del Cenacolo (che sorge a sinistra del campanile). In questo periodo anche il battistero originario viene trasformato in chiesa, quella del Santo Sepolcro, a pianta ottagonale e tamburo della cupola a dodici lati.

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A questo punto la storia diventa interessante: verso la fine del 1300 viene rinvenuta una tomba di epoca romana sepolta sotto il pavimento dell’attuale chiesa dei santi Vitale e Agricola, su cui è nitidamente inciso il nome “Simone”, che era il nome originario di San Pietro (ribattezzato poi da Gesù “Kefa”, che in aramaico significa appunto “pietra”).
Nessuno si pone minimamente il dubbio che possa trattarsi di un qualsiasi altro Simone, e il sarcofago viene collocato sull’altare, il vescovo fa suonare le campane a festa e la chiesa è immediatamente dedicata a San Pietro. E tra i pellegrini che arrivano dal nord si diffonde la voce che il sepolcro del primo vicario di Cristo in terra non si trova a Roma, ma a Bologna. La notizia arriva anche in Vaticano, ma in un primo momento non viene creduta perché troppo inverosimile. E poi nel dicembre del 1399 si era a poche settimane dal nuovo anno santo e c’erano ben altri pensieri per l’organizzazione. Ma già a febbraio i cardinali preposti alle celebrazioni del Giubileo si accorgono che qualche cosa non funziona: gli arrivi dei pellegrini sono inferiori al previsto, e anche la durata del soggiorno di quelli che arrivano è ridotta. Nonostante il grande successo di questo giubileo riportato da molte cronache, si comincia a lamentare il clero, si lamentano osti e artigiani, cerusici e negozianti, persino ladri e prostitute: è un disastro economico, ed è dovuto al fatto che i pellegrini si fermano a Bologna e tornano a casa contenti e ricolmi di indulgenze. La risposta di Bonifacio VIII è durissima: la chiesa viene sconsacrata e il vescovo ha l’ordine di demolirla e reinterrare il sarcofago in un luogo segreto con la massima discrezione, nonché ovviamente di spiegare ai fedeli che i veri resti di San Pietro non si sono mai mossi da Roma. Nel giro di pochi giorni crollano il tetto e le parti alte delle mura, la tomba sparisce. Quindi, caso unico nella storia, una chiesa non viene distrutta dagli infedeli ma dal primo ministro di Dio, il Papa. E tutto questo senza dare scandalo, ma a maggior gloria del Signore, le cui vie sono decisamente infinite. Questo comportamento può sembrare inverosimile al giorno d’oggi,  basilica-santuario-dima a quei tempi molti vicari di Cristo si preoccupavano più degli interessi personali che del Santo Ufficio. Ad esempio tra le sante opere di papa Bonifacio VIII, oltre alla incredibile distruzione della chiesa di Santo Stefano, possiamo anche ricordare l’incarcerazione e successiva eliminazione del suo inoffensivo predecessore Celestino V (colui che fece per viltade il gran rifiuto) e l’aver completamente raso al suolo l’intera città di Palestrina per motivi di vendetta personale contro i Colonna.

2012-11-ipad-486-0Tornando alla chiesa distrutta, soltanto settant’anni più tardi Sisto IV consentirà che la chiesa, ormai in completa rovina, sia riaperta al culto, purché dedicata ai santi Vitale e Agricola (due martiri bolognesi uccisi nella persecuzione di Domiziano nel 304). Probabilmente il tutto fu dovuto alle ambizioni e agli interessi del nipote, Girolamo Riario, che difatti nel 1473 diventa signore di Imola e subito dopo anche di Forlì. Nell’attuale chiesa i sarcofaghi dei santi sono ai lati dell’abside: quello di San Vitale è alla sinistra, sul suo sarcofago è scolpito un pavone, simbolo dell’immortalità; quello di Agricola è sul lato destro, è più ricco e rifinito dell’altro, e porta i simboli del cervo e del leone. L’altare centrale è un’ara pagana con il coperchio rivoltato.

Sancta_Jerusalem_di_Bologna._Prima_Chiesa,_SS._Trinità_sul_Cortile_di_Pilato._-_panoramioNonostante tutto i bolognesi rimasero affezionati alla loro piccola Gerusalemme. Tra il 1400 e il 1800 il complesso raggiunse il suo massimo sviluppo, e tranne piccole modifiche è giunto intatto ai nostri giorni.  In particolare qui possiamo osservare la più antica, e si suppone più fedele, ricostruzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme.  Grazie alle testimonianze dei cavalieri crociati il sepolcro venne ricostruito nelle stesse forme e proporzioni di quelle che l’imperatore bizantino Costantino IX Monomaco aveva eretto a Gerusalemme nel 1050, che a sua volta replicava quanto più fedelmente possibile il disegno dell’originale (vedi anche note a fondo pagina).

Curiosità

Nella cripta di San Giovanni Battista c’era (e c’è ancora) una colonna che venne portata dal vescovo Petronio di ritorno dalla Terra Santa e che documenta l’altezza di Gesù Cristo (circa un metro e settanta). Nella stessa chiesa una pietà in cartapesta ricorda le quaresime del ‘700, quando le beghine facevano il giro delle taverne sequestrando i mazzi di carte da gioco, che portavano poi a macerare per riprodurle in immagini sacre a remissione dei peccati commessi da mariti e figli. Sulla facciata della chiesa del Santo Sepolcro resta il segno di un’altra leggenda: una pietra nera così lucida che le donne vi si specchiavano. Indignato per tanta vanità un santo eremita fece un incantesimo e da quel giorno le donne non viderò più i loro volti ma i loro peccati. Il vescovo proibì allora a tutti ad avvicinarsi alla pietra, e prodigiosamente la pietra diventò così opaca da non riflettere più nulla. Il Santo Sepolcro era la tomba scavata nella roccia dove venne deposto il corpo di Gesù Cristo. Il sepolcro originario, quello di Giuseppe di Arimatea, venne distrutto nell’anno 135 quando l’imperatore Adriano fece radere al suolo Gerusalemme a seguito della rivolta del 132. L’operazione venne eseguita dalla XXII Legione, che in seguito venne spostata sul limes e ampliò il piccolo avamposto di Mogontiacum, l’attuale Magonza. Fu l’imperatore Costantino I che a seguito del concilio di Nicea del 325 ordinò l’edificazione di una chiesa nei luoghi della passione di Gesù Cristo. La pietra in cui fu scavato il Santo Sepolcro venne chiusa da un piccolo edificio: l’edicola dell’Anastasis, chiesa consacrata nel 335.


L’evento, che si terrà venerdì, 26 ottobre 2018 (con punto di ritrovo in via Santo Stefano n. 24, davanti alla basilica di Santo Stefano), partirà alle ore 20, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà dopo un paio d’ore. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (con ingresso ESCLUSIVO alla basilica di Santo Stefano, guida turistica e radio guide):  22,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata.
I ragazzi, dai 7 ai 18 anni e gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 14 ottobre 2018, ore 10: Le sei leggende. Enigmi, segreti e gialli del capoluogo emiliano…

Le sei leggende: alla scoperta di Bologna e del suo centro storico, attraverso uno scenario unico…

sei_leggende_2018È antico il fascino di Bologna. Come un’ombra, percorre da secoli i vicoli del centro storico, i monumenti e i portici che hanno reso celebre nel mondo la città. Tutti conoscono la Bologna “dotta”, “grassa” e “turrita”, ma solo in pochi conoscono i segreti, gli enigmi e i gialli del capoluogo emiliano…

Sono innumerevoli i misteri custoditi dagli antichi portici della città di Bologna, così come le storie insolite che si raccontano all’ombra dei suoi vicoli medievali. Città dalla vocazione culturale e multietnica, sede della prima università del mondo, Bologna è una città ammantata di un fascino arcano. Un set perfetto, insomma, per raccontare gli enigmi e i segreti, nascosti dietro ad alcuni monumenti del centro storico…

lasantaPRIMA TAPPA: CORPUS DOMINI O CHIESA DELLA SANTA…
Costruito fra il 1477 e il 1480 dai toscani Nicolò Marchionne da Firenze e Francesco Fucci da Doccia, il Corpus Domini è uno dei santuari più cari alla devozione popolare. L’edificio è conosciuto anche con il nome di “Chiesa della Santa” in quanto in esso è conservato il corpo di Santa Caterina de’ Vigri, fondatrice nel 1456 del primo convento di suore Clarisse a Bologna. Il corpo della Santa, che visse nel convento fino alla sua morte, si conserva incorrotto nella cappella da più di cinquecento anni. L’edificio presenta una bella facciata rinascimentale, unico elemento rimasto della costruzione originale, la cui parte grezza  è ravvivata da eleganti rilievi in terracotta attribuiti a Sperandio da Mantova. La chiesa fu totalmente ristrutturata nel 1687 dall’architetto G. Giacomo Monti, che decise di decorare l’interno attraverso splendide pitture di M. Antonio Franceschini, ornati di Enrico Haffner e rilievi in stucco di Giuseppe Mazza: purtroppo i bombardamenti dell’ultima guerra hanno fatto in gran parte scempio di questo prezioso apparato artistico.
Degni di nota alcuni dipinti del Franceschini, tra cui il famoso Transito di S.Giuseppe (1692), e di Lodovico Carracci nonché la tomba del fisico Luigi Galvani e di Laura Bassi, celebre donna-scienziato del secolo XVIII.

galvani2SECONDA TAPPA: LUIGI GALVANI, IL FRANKENSTEIN ITALIANO…
Sapevate che il celebre romanzo “Frankenstein” è basato su fatti realmente accaduti? Mary Shelley trasse ispirazione da alcuni esperimenti che furono condotti proprio dal bolognese Giovanni Aldini, professore e ricercatore di fisica presso l’Università di Bologna. Nato nel 1792 a Bologna e nipote del noto Luigi Galvani, Giovanni seguì le orme dello zio nello studio degli effetti degli stimoli elettrici sui cadaveri: il fenomeno del galvanismo. Aldini organizzava rappresentazioni macabre e raccapriccianti, durante le quali faceva aprire gli occhi e la bocca a teste di animali e contrarre arti a corpi decapitati, applicando la corrente elettrica.
Egli era convinto che con l’elettricità fosse possibile risuscitare un cadavere, ma per tentare l’esperimento gli occorreva un corpo intero e in buono stato. Normalmente si serviva dei corpi dei condannati a morte, ma dato che in quasi tutti gli stati europei le esecuzioni avvenivano per decapitazione, nel 1803 Aldini si recò a Londra, dove l’impiccagione gli poteva garantire cadaveri interi. Trovato il prigioniero adatto ne attese la condanna a morte: George Forrest, probabilmente innocente, fu accusato dell’omicidio di moglie e figlia e si racconta che Aldini comprò i giudici per giudicarlo colpevole. Non appena fu eseguita la sentenza prelevò il cadavere per i suoi esperimenti in pubblico, dando vita a uno dei suoi spettacoli più teatrali, tanto riuscito che il suo assistente morì d’infarto la notte stessa. Applicando elettrodi in varie parti del corpo fece sollevare al cadavere le braccia e le gambe, aprire la bocca e gli occhi, sollevare il petto come in un profondo respiro. Gran parte del pubblico credette che il cadavere fosse risuscitato, sia pure per breve tempo.

chiesa-santa-maria-dei-serviTERZA TAPPA: ORATORIO DEI BATTUTI…
L’Oratorio dei Battuti si trova nel Complesso di Santa Maria della Vita, nel ventre della città, ilQuadrilatero, alle spalle di Piazza Maggiore dalla quale vi si accede attraversando la scenografica facciata del Palazzo dei Banchi. Quest’area è caratterizzata da un dedalo di stradine che ricalca l’antica pianta romana della città. Il visitatore che vi entra, si trova immerso nel ventre di Bologna la grassa: botteghe, spesso prive di porte, espongono la loro merce su banchi protratti all’esterno dell’entrata; l’amore per il cibo prorompe in colori e profumi. La nostra meta è in via Clavature, il nome, come tutte le stradine del Quadrilatero, trae origine dalle botteghe presenti in epoca medievale. Allora, quando questa era una delle vie principali della città, attraversata da papi, principi e imperatori, vi lavoravano i fabbri che costruivano chiavi e serrature, Ciavadùr in dialetto bolognese, (Serratura, dal lat. medioevale clavatura. Modena, 1244). Nel 1260 il perugino Riniero Barcobini Fasani, decide con ventimila seguaci di dirigersi a Bologna, ispirato alla missione dalla Vergine Maria. Qui, nel 1275 Riniero fonda la Confraternita dei Battuti Bianchi, detti anche Devoti Flagellanti, e insieme ai bolognesi Bonaparte Ghisileri e alla terziaria Francescana Suor Dolce, organizza un ospedale per la cura e l’assistenza di infermi e pellegrini. Nascono così l’Ospedale, la Chiesa e la Confraternita dedicate a Santa Maria della Vita: un capitolo importante della storia della assistenza dal momento che ospitò uno dei primi ospedali cittadini pubblici. L’Oratorio è nato ad opera della Confraternita dei Battuti ed era la sede, collegata ma indipendente rispetto al Santuario e all’Ospedale, in cui si riunivano in forma strettamente privata i membri della Confraternita, per dedicarsi a quelle pratiche religiose, devozionali e penitenziali che erano alla base del movimento stesso. Nelle sue forme attuali, questo prezioso esempio del primo barocco bolognese, è esattamente come fu ideato in occasione del rifacimento, all’inizio del XVII secolo, del precedente edificio quattrocentesco.
Tra il 1604 ed il 1617, su progetto dell’architetto bolognese Floriano Ambrosini e con la supervisione dei lavori affidata a Bonifacio Socchi, l’aula fu completamente ricostruita. Giulio Cesare Conventi ed Antonio Martini furono invece autori degli stucchi e dei rilievi decorativi.
Del precedente oratorio vennero conservate e ricollocate due importanti opere cinquecentesche: il gruppo in terracotta realizzato tra il 1519 e il 1522 da Alfonso Lombardi di Ferrara e raffigurante un episodio dei funerali della Vergine, il Transito, e la pala d’altare, Madonna col Bambino e santi, eseguita nel 1564 da Giovanni Francesco Bezzi detto il Nosadella. I lavori di decorazione si sono conclusi nel 1639, come ricorda la data dipinta nella nicchia che ospita il Transito della Vergine, dove compare anche il nome del finanziatore: il conte Giovanni Pepoli, a testimonianza del legame intercorrente tra la Confraternita dei Battuti ed alcune delle più importanti famiglie bolognesi. Il Transito, formato da 15 statue in terracotta poco più grandi del naturale, rappresenta il momento di massima tangenza dello scultore con il mondo romano e, soprattutto, con Raffaello. Rispetto ad altri celebri oratori cittadini, quello dei Battuti prevede l’uso dell’affresco solo per la cappella, le volte e la cupola dell’altare, mentre le pareti ed il soffitto dell’aula sono destinati ad accogliere dipinti su tela di diverse dimensioni, scelti in base ad una specifica chiave di lettura, volta a coniugare il Culto Mariano con quello del Beato perugino. I soggetti delle opere vennero infatti definiti da un preciso programma iconografico redatto dai membri della Confraternita nel 1618, come testimoniano i documenti d’archivio. Lo prova la tela rinascimentale del Nosadella che adorna l’altare: a tre secoli di distanza dalla sua missione, il Beato umbro viene proposto ai piedi della Madonna, in un’immagine che mira ad unire idealmente la pratica della sua flagellazione con la passione di Cristo, ed è confortato dai Santi Apostoli Giacomo, Pietro e Paolo, assieme a San Girolamo, considerato il padre della Chiesa di lingua latina. Con le riforme napoleoniche del 1796-97, i beni della Confraternita vengono espropriati e diventano pubblici. Completamente restaurato nel 1997, vi è stato recentemente annesso il Museo della Sanità e dell’Assistenza della città di Bologna.

ex_ghetto_bologna-592x444QUARTA TAPPA: L’ANTICO GHETTO EBRAICO…
L’antico ghetto ebraico, in pieno centro medievale, conserva ancora oggi la sua struttura originaria. Un dedalo di viuzze e passaggi sospesi, ponti coperti e piccole finestre che racconta la storia di un’intera comunità, costretta a vivere in un’area specifica delle città italiane dallo Stato della Chiesa a partire dal 1556. Gli ebrei di Bologna vissero qui fino al 1569, quando furono espulsi una prima volta, e poi nuovamente tra il 1586, quando fu loro permesso di rientrare in città, e il 1593, anno della cacciata definitiva: 900 persone lasciarono Bologna e per oltre due secoli non fu permesso a un gruppo ebraico organizzato di viverci. Diversi erano gli ingressi al quartiere, tutti costantemente sorvegliati, aperti al mattino e sigillati al tramonto: uno all’inizio di via de’ Giudei, un altro all’incrocio tra via del Carro e via Zamboni, un terzo in via Oberdan in corrispondenza dell’arco che dà su vicolo Mandria. Il ghetto è certamente una delle zone più interessanti e suggestive dell’intero tessuto urbano, definita dai muri di palazzi appartenuti a ricchi mercanti e banchieri ebrei e animata da botteghe artigiane.

buca_campane2QUINTA TAPPA: OSTERIA BUCA DELLE CAMPANE…
L’Osteria Buca delle Campane ha sede in un palazzo che risale al XIII secolo, nell’antica via Bagnaroli, così chiamata poichè a quei tempi vi abitò una famiglia di questo nome. Il 5 marzo 1478 lo stabile fu acquistato da Giovanni di Musotto Malvezzi per lire 60. Il giovedì del 27 novembre 1488, sulle ore 18, in tale palazzo fu scoperta una congiura ordita da Giovanni Girolamo, Filippo di Battista Malvezzi e i loro amici, i quali volevano uccidere Giovanni Bentivogli e tutta la sua famiglia. Nel 1501 vi fu alloggiato l’Ambasciatore di Francia diretto a Firenze. Ai primi del ‘600 la via prese il nome di “via delle Campane”, poichè nella vicina chiesa di San Giacomo esisteva una fonderia di campane dal 1548, da cui deriva il nome dell’Osteria. Intorno al 1628 lo stabile passò sotto la proprietà della famiglia Lambertini Pollicini. In una stanza al pianterreno nacque il 31 marzo 1675, Prospero Lorenzo di Marcello Lambertini, destinato poi a diventare, il 30 aprile 1731, Vescovo di Bologna, poi il 17 agosto 1740 divenne Papa Benedetto XIV. Alla fine del 1800, l’antico palazzo fu acquistato dalla famiglia Marconi, dalla quale discende il celebre scienziato Guglielmo Giovanni Maria Marconi. Fisico e inventore italiano, Marconi è conosciuto in tutto il mondo per aver sviluppato per primo un efficace sistema di comunicazione con telegrafia senza fili via onde radio che ottenne una notevole diffusione: evoluzioni di tale sistema portarono allo sviluppo dei moderni sistemi e metodi di telecomunicazione come la radio, la televisione e in generale tutti i sistemi che utilizzano le comunicazioni senza fili. Eredi la moglie, Marchesa Maria Cristina e la figlia, Principessa Elettra. Nel 1905 all’Osteria Buca delle Campane fu rappresentata la commedia il Cardinale Lambertini, opera del commediografo bolognese Alfredo Testoni che ha per protagonista il Cardinale Bolognese. Fin dal 1958 l’Osteria fu sede della Goliardica Balla dell’Oca, ove è conservata la colonna, attorno alla quale venivano legate le matricole in attesa del processo studentesco. Gli affreschi che adornano le pareti della Sala degli Affreschi sono opera di tale studenti, tra i quali spicca il nome del maestro fumettista italiano Magnus, pseudonimo di Roberto Raviola nato e vissuto a Bologna, la cui arte ha conquistato l’intera Europa.

delitto_murri SESTA E ULTIMA TAPPA: DELITTO MURRI…
Il 2 settembre 1902, Bologna divenne la protagonista di uno dei casi giudiziari più famosi del Novecento. In un’elegante palazzina di via Mazzini 39 fu scoperto il cadavere del medico di nobili origini Francesco Bonmartini, genero del prof. Augusto Murri, illustre clinico, medico di Casa Reale. A fine agosto Bonmartini aveva lasciato Venezia, dove era in vacanza con la moglie Linda (figlia del professore) per tornare a Bologna. Dopo qualche giorno, i vicini chiamarono il prof. Murri per avvertirlo del cattivo odore che si sprigionava dall’appartamento. Così, si rinvenne il corpo. La polizia iniziò le indagini. Il conte era stato ucciso con un’arma da taglio: il movente era da far risalire ad una rapina, visto lo stato in cui si trovava la casa. Qualche giorno dopo, tuttavia, lo stesso prof. Murri accusò il figlio Tullio dell’omicidio. In città successe un pandemonio: Tullio Murri era conosciuto come direttore del periodico socialista “La Squilla” ed era consigliere provinciale del PSI. I giornali cattolici presero la palla al balzo ed iniziarono una campagna contro il razionalismo laico e il socialismo. Il quotidiano socialista “L’Avanti!” denuncerà più volte la violazione del segreto istruttorio. Pur continuando a mantenere un rapporto conciliatorio, Linda si era separata legalmente nel 1899: lo spirito progressista di lei era in conflitto con lo spirito conservatore e clericale di lui, che in più occasioni si era dimostrato grezzo e brutale e che più volte cercò favori da parte del suocero, che sempre glieli aveva negati. Il processo cominciò e, dopo qualche tempo, fu trasferito da Bologna a Torino. Tullio fu riconosciuto colpevole, seppure con la complicità della sorella Linda e di altri personaggi minori. Erano infatti coinvolti l’amante di Linda, Carlo Secchi, otorinolaringoiatra e allievo di Augusto; Rosina Bonetti, amante di Tullio e guardarobiera dei Murri; Pio Naldi, medico e amico di Tullio. Il re concesse la grazia a Linda, che riottenne la libertà dopo breve tempo e si trasferì a Roma con i figli. Tullio uscì dal carcere nel 1919.


L’evento, che si terrà domenica, 14 ottobre 2018 (con punto di ritrovo presso piazza Galvani, davanti alla Banca di Bologna), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà dopo un paio d’ore. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (con guida turistica + radio guide):  15,00.
I bambini, sotto i 9 anni di età, non sono ammessi. I portatori di disabilità, non pagano la visita guidata.
I ragazzi, dai 10 ai 18 anni e gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 20 ottobre 2018, ore 15:30: La Chiusa e i suoi misteri. L’apertura, in esclusiva, della più antica opera di meccanica idraulica del mondo, ancora oggi utilizzata…

chiusa_casalecchioLa visita vi darà la possibilità di esplorare un sito normalmente non accessibile al pubblico, la cui storia attraversa i secoli…

Quando parliamo della Chiusa di Casalecchio di Reno, non stiamo parlando di una normale opera di ingegneria idraulica, come ne possiamo trovare tante nel nostro paese, ma della più antica opera di meccanica idraulica del mondo, ancora oggi utilizzata in maniera continua ed ininterrotta…

La Chiusa di Casalecchio è uno sbarramento artificiale realizzato a metà del XIV secolo lungo il corso del fiume Reno che consente di derivare una parte delle acque del fiume per sfruttarle artificialmente attraverso un canale eponimo (il canale di Reno), il quale ha contribuito in larga parte alle fortune economiche e alla difesa idraulica della città di Bologna dal medioevo fino ai giorni nostri.

Nell’antichità questo sbarramento e deviazione del fiume Reno fece le fortune della città di Bologna prima e dell’agricoltura poi, fornendo alla città e alla campagna sia una inesauribile fonte energetica, sia  una buona quantità d’acqua per l’irrigazione dei campi. Ma facciamo un passo indietro. La Chiusa di Casalecchio di Reno anticamente aveva una doppia funzione, serviva infatti sia come regolazione delle bizzarre e capricciose acque del fiume, spesso soggetto a piene improvvise e repentine secche, sia come opera idraulica che piegava il corso d’acqua agli usi della città di Bologna. Un canale infatti deviava parte della portata del Reno nella città felsinea che tra salti d’acqua, porti e canalizzazioni, era riuscita nel tempo a sfruttare la forza dell’acqua per azionare i marchingegni e gli argani idraulici degli opifici cittadini. A cavallo del Medioevo, quindi, Bologna poteva assomigliare ad una piccola Venezia, piena di canalizzazioni (pare fossero circa 86) che riuscivano a portare l’acqua del canale proveniente dal Reno in molte delle vie cittadine. Le prime testimonianze della realizzazione dell’opera sono datate intorno all’anno Mille. A quel tempo Bologna già sfruttava in parte l’acqua proveniente da alcuni rii cittadini, ma i commerci e la navigazione avevano bisogno per svilupparsi di un flusso d’acqua  costante, che fosse in grado con la sua portata di azionare i pesanti argani e mulini delle industrie cittadine. Fu così deciso di intraprendere questa imponente opera di deviazione del fiume attraverso un minuzioso piano di organizzazione delle risorse idriche che farebbe invidia ancora oggi per la precisione e dovizia con cui venivano sfruttate le preziose acque del Reno.

Nel tempo i canali bolognesi e la Chiusa di Casalecchio vennero spesso ristrutturati e ammodernati, o semplicemente riparati a causa di qualche piena del fiume, tanto che oggi si può affermare che il sistema idraulico bolognese è stato un millenario “lavori in corso” in cui l’uomo e la natura si sono fronteggiati in una lotta acerrima: l’uomo cercando di “educare” ai propri scopi la forza del fiume, mentre la Natura riprendendosi, ogni volta che poteva, il terreno sottrattole.
Nel tempo quindi questa imponente opera di ingegneria si è arricchita e migliorata, ha subito danni e distruzioni catastrofiche, ma non ha mai smesso di essere quella cerniera che ha sempre collegato la città di Bologna all’ambiente circostante, rendendola dipendente da questo.

Oggi la chiusa è visitabile ed è inserita all’interno di un area naturale molto vasta, tanto che molti abitanti della zona la sfruttano d’estate come luogo di relax, di pesca o per qualche bagno refrigerante. A dire il vero i popolani locali hanno sempre avuto l’abitudine di nuotare sia nel Reno, che nei canali bolognesi, cosa che ha suscitato spesso le ire delle autorità cittadine per lo scarso rispetto dei costumi morali della popolazione.

Per questa sua estrema importanza nel sistema economico della zona sulla Chiusa del Reno sono cresciuti miti e leggende, come il mito di un fantasma di colore rosso che si aggirerebbe tra i ballatoi durante la notte o come la leggenda di un tesoro nascosto in uno degli innumerevoli e millenari interventi di riparazione. In un epoca in cui non esistevano le energie fossili, la Chiusa sul Reno di Casalecchio, quindi, fu e rimane tutt’ora uno strumento di produzione energetica e uno strumento cui l’antica cittadinanza della zona intese il suo rapporto con il territorio, un mezzo per uno sviluppo economico più celere e una importante opera di regolazione dell’igiene pubblica. Visitare la chiusa oggi è allora un modo per apprezzare l’ingegneria umana, ma soprattutto è un modo per affrontare, valutare e riflettere sul rapporto tra l’uomo, l’ambiente e sulla cura e manutenzione di questo, come unico mezzo per controllare le forze naturali e piegarle al servizio umano nel modo più armonioso e sostenibile possibile.

20170301_155330La Chiusa e le opere idrauliche ad essa collegate sono espressione di una tecnologia paleoindustriale di grande impatto monumentale e paesaggistico e vanno considerate come uno dei siti di “archeologia delle acque” più interessanti e significativi d’Europa. Nel 2000 il sito ha ottenuto il riconoscimento UNESCO di “Patrimonio messaggero di una cultura di pace a favore dei giovani”. La visita vi darà la possibilità di esplorare un sito storico-tecnico normalmente non accessibile al pubblico, la cui storia attraversa i secoli dal Duecento fino ad oggi. Sospesi tra il fiume e il canale e circondati dal paesaggio del Parco della Chiusa, percorrerete il camminamento costruito nel XVI secolo, il cui progetto è stato attribuito Copertina_Foto di Paolo Cortesi 3al genio di Jacopo Barozzi, detto il Vignola, forse l’architetto più noto e più rappresentativo del tardo Rinascimento.  Ammirerete la monumentale opera idraulica, il cui scivolo è lungo m 160 e largo m 35, con un dislivello di m 8, e scoprirete l’importanza funzionale ancora attuale della Chiusa, le cui conservazione e manutenzione sono curate dall’antico Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno.

Il sito è un luogo d’interesse storico, tecnico e paesaggistico, riuniti in un’unica passeggiata guidata da personale del Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno.

Abbigliamento consigliato: scarpe basse, no tacchi – no infradito. I minori devono essere accompagnati.

Foto gentilmente concesse da: Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno.


L’evento, che si terrà sabato, 20 ottobre 2018 (con punto di ritrovo presso il cancello della Chiusa di Casalecchio, via Porrettana n. 187, Casalecchio di Reno – BO), partirà alle ore 15:30, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà verso le ore 17. 

Costo della sola visita guidata (che comprende: ingresso esclusivo alla Chiusa e guida turistica):  18,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata. I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…

Bologna, 21 settembre 2018, ore 20 (apertura straordinaria, in esclusiva, dopo 5 anni di attesa): Seven, le Sette Chiese. Misteri ed enigmi all’interno della basilica di Santo Stefano…

Seven, le Sette Chiese: alla scoperta della basilica di Santo Stefano, un’estasi di meraviglia e di curiosità, che solo tanta bellezza arcana sa sprigionare…

santo_stefanoA Bologna, nel centro storico, è situato un complesso religioso di straordinaria importanza, sia per la fede che per l’arte, che per i misteri ad esso collegati: il complesso abbaziale di Santo Stefano, un aggregato di edifici che riproducono i luoghi Santi di Gerusalemme…

Il complesso, racchiuso da una cancellata, fu sicuramente impostato sul modello dei Luoghi Santi di Gerusalemme in seguito all’impulso dato dalla prima Crociata, che vide la partecipazione di alcuni bolognesi. Si può pensare che i Cavalieri Templari abbiano svolto, in seguito, un ruolo nella realizzazione degli spazi del più affascinante complesso religioso di Bologna. 

bologna-piazza-santo-stefano-tramonto-foto-peterzulLa basilica di Santo Stefano, in pillole: divenne un antico tempio trasformato in un nucleo di edifici sacri cristiani, in epoca tardo romana, da Petronio (uomo colto, che aveva viaggiato in Oriente e aveva portato reliquie della passione a Bologna, tra cui la vera croce di Gesù, la colonna della flagellazione e, infine, la benda della Vergine Maria). È un luogo molto caro al cuore dei bolognesi. Le donne si recavano presso la basilica a pregare per un parto sano e sicuro, persino le prostitute vi erano ammesse, in particolari giorni dell’anno. È un luogo misterioso, intriso di 1500 anni di storia, nonché, un concentrato di misteri, leggende e tradizioni bolognesi. È un luogo di ritrovo della società dei Lombardi, eredi dei Templari, inoltre, un luogo di meditazione e studio da parte di Dante Alighieri, durante la sua permanenza nel capoluogo emiliano. Sede della comunità benedettina di Bologna. Luogo dell’antico tempo di Iside. Contiene, infine, uno dei presepi più antichi al mondo.


20151009-145148-largejpgLa chiesa di Santo Stefano è il luogo con la storia più originale di tutta Bologna. Sorta sulla base di un antico tempio pagano, fu immaginata come copia fedele del Santo Sepolcro di Gerusalemme, vide nei secoli una serie di ampliamenti che portarono non ad una ma a ben sette chiese, e una di queste chiese divenne talmente famosa per un ritrovamento inaspettato che fu necessario un intervento “straordinario” del papa. Delle sette chiese originarie al giorno d’oggi ne rimangono quattro, e soltanto una ha portato il nome di S. Stefano in un periodo incerto tra il V e l’ VIII secolo, poi lo ha cambiato dedicandosi al Santo Sepolcro, e del protomartire non è rimasta nemmeno una cappella. 22705538328_3ddb687e48_bComunque l’intero complesso è ricordato come Ecclesia Sancti Stephani e al giorno d’oggi comunemente indicato come Santo Stefano alle sette chiese.

La storia comincia una notte dell’anno 429, quando a papa Celestino I appare in sogno San Pietro che gli ordina di consacrare Petronio vescovo di Bologna. Considerando la motivazione della nomina (per inconfutabile segno divino) e il fatto che il buon Petronio sembra vantare origini nella famiglia imperiale di Costantino e Teodosio, la vicenda anticipa di più di un millennio l’attuale stile italiano di attribuzione delle cariche importanti. Petronio aveva abbandonato una posizione sociale molto elevata per entrare nell’ordine sacerdotale, era uomo di santa vita ed esercitato fin dall’adolescenza negli studi dei monaci, aveva meditato come eremita nei deserti egiziani, ma soprattutto aveva visitato più volte Gerusalemme, tornandone arricchito di informazioni e con reliquie di prim’ordine, tra cui il piede sinistro di Santa Caterina e un frammento della vera croce (a detta di alcune malelingue comprate per 3000 pezzi d’oro da mercanti saraceni). E a quanto pare decide di ricostruire a Bologna una Gerusalemme da dedicare ai suoi fedeli locali.

Bologna-Santo-Stefano-sepolcroGerusalemme e i luoghi santi all’epoca esercitavano un richiamo enorme sull’immaginario europeo, e i cristiani, finalmente liberi dalle persecuzioni dei secoli passati, vorrebbero vedere con i loro occhi la Terra Promessa dalla quale è arrivata la luce della speranza, anche per ottenere di riflesso la remissione e il premio dei giusti. Il progetto comincia dalla trasformazione in battistero cristiano di un antico tempio di Iside, che attorno all’anno 100 era stato fatto costruire da una ricca matrona bolognese a circa 80 metri dalla via Emilia, la strada che collegava Rimini con Piacenza. Rimasta vedova di Osiride, ucciso dal fratello Seth, Iside supplica il supremo dio Ra di ridar vita al marito, e Ra lo concede, ma solamente se lei riuscirà a ritrovare ogni parte del corpo di Osiride, ormai sparsa un po’ ovunque nel mondo. Dopo varie peripezie Iside ricompone il corpo di Osiride e Ra mantiene la promessa. A parte la vicenda intricata, soprattutto considerando il fatto che Iside Osiride e Seth erano tutti fratelli, tornando alla chiesa di SantoSanto Stefano il fatto interessante è che l’iniziazione al culto di Iside prevedeva un rituale molto simile a quello del battesimo, ed in entrambi i culti c’è il medesimo concetto di resurrezione come premio alla fede e al sacrificio. La fonte originaria viene riconsacrata con l’acqua del Giordano, e il colonnato circolare a cielo aperto che la circonda viene chiuso con un muro e sormontato con una cupola. Le colonne esistono ancora oggi all’interno del battistero: le colonne originali del sacrario di Iside sono quelle in cipollino nero (sette in tutto), mentre quelle in mattoni sono state aggiunte dopo.

Durante il vescovato di Petronio, negli anni 431-450, l’iseo diventa dunque un battistero cristiano coperto, ed accanto viene costruita la chiesa di San Vitale, la seconda delle 7 chiese. Successivamente poco distante viene aggiunto il Martyrium. Nel 737 arrivano i Longobardi. Non toccano l’esistente complesso, ma costruiscono un quartiere accanto al complesso, e una nuova chiesa a destra del battistero che dedicano a San Giovanni Battista. Nella parte posteriore sorgono nove piccoli edifici, alcuni dei quali sono dati in uso ad un gruppo di monaci detti Stefaniani, di cui però non si conosce né provenienza né devozione. Negli anni 1000-1100 i monaci Benedettini costruiscono il campanile, il chiostro, un grande monastero e una nuova chiesa, quella che sarà chiamata del Cenacolo (che sorge a sinistra del campanile). In questo periodo anche il battistero originario viene trasformato in chiesa, quella del Santo Sepolcro, a pianta ottagonale e tamburo della cupola a dodici lati.

2590200541_d2e07234dc_o-810x538 A questo punto la storia diventa interessante: verso la fine del 1300 viene rinvenuta una tomba di epoca romana sepolta sotto il pavimento dell’attuale chiesa dei santi Vitale e Agricola, su cui è nitidamente inciso il nome “Simone”, che era il nome originario di San Pietro (ribattezzato poi da Gesù “Kefa”, che in aramaico significa appunto “pietra”).
Nessuno si pone minimamente il dubbio che possa trattarsi di un qualsiasi altro Simone, e il sarcofago viene collocato sull’altare, il vescovo fa suonare le campane a festa e la chiesa è immediatamente dedicata a San Pietro. E tra i pellegrini che arrivano dal nord si diffonde la voce che il sepolcro del primo vicario di Cristo in terra non si trova a Roma, ma a Bologna. La notizia arriva anche in Vaticano, ma in un primo momento non viene creduta perché troppo inverosimile. E poi nel dicembre del 1399 si era a poche settimane dal nuovo anno santo e c’erano ben altri pensieri per l’organizzazione. Ma già a febbraio i cardinali preposti alle celebrazioni del Giubileo si accorgono che qualche cosa non funziona: gli arrivi dei pellegrini sono inferiori al previsto, e anche la durata del soggiorno di quelli che arrivano è ridotta. Nonostante il grande successo di questo giubileo riportato da molte cronache, si comincia a lamentare il clero, si lamentano osti e artigiani, cerusici e negozianti, persino ladri e prostitute: è un disastro economico, ed è dovuto al fatto che i pellegrini si fermano a Bologna e tornano a casa contenti e ricolmi di indulgenze. La risposta di Bonifacio VIII è durissima: la chiesa viene sconsacrata e il vescovo ha l’ordine di demolirla e reinterrare il sarcofago in un luogo segreto con la massima discrezione, nonché ovviamente di spiegare ai fedeli che i veri resti di San Pietro non si sono mai mossi da Roma. Nel giro di pochi giorni crollano il tetto e le parti alte delle mura, la tomba sparisce. Quindi, caso unico nella storia, una chiesa non viene distrutta dagli infedeli ma dal primo ministro di Dio, il Papa. E tutto questo senza dare scandalo, ma a maggior gloria del Signore, le cui vie sono decisamente infinite. Questo comportamento può sembrare inverosimile al giorno d’oggi,  basilica-santuario-dima a quei tempi molti vicari di Cristo si preoccupavano più degli interessi personali che del Santo Ufficio. Ad esempio tra le sante opere di papa Bonifacio VIII, oltre alla incredibile distruzione della chiesa di Santo Stefano, possiamo anche ricordare l’incarcerazione e successiva eliminazione del suo inoffensivo predecessore Celestino V (colui che fece per viltade il gran rifiuto) e l’aver completamente raso al suolo l’intera città di Palestrina per motivi di vendetta personale contro i Colonna.

2012-11-ipad-486-0Tornando alla chiesa distrutta, soltanto settant’anni più tardi Sisto IV consentirà che la chiesa, ormai in completa rovina, sia riaperta al culto, purché dedicata ai santi Vitale e Agricola (due martiri bolognesi uccisi nella persecuzione di Domiziano nel 304). Probabilmente il tutto fu dovuto alle ambizioni e agli interessi del nipote, Girolamo Riario, che difatti nel 1473 diventa signore di Imola e subito dopo anche di Forlì. Nell’attuale chiesa i sarcofaghi dei santi sono ai lati dell’abside: quello di San Vitale è alla sinistra, sul suo sarcofago è scolpito un pavone, simbolo dell’immortalità; quello di Agricola è sul lato destro, è più ricco e rifinito dell’altro, e porta i simboli del cervo e del leone. L’altare centrale è un’ara pagana con il coperchio rivoltato.

Sancta_Jerusalem_di_Bologna._Prima_Chiesa,_SS._Trinità_sul_Cortile_di_Pilato._-_panoramioNonostante tutto i bolognesi rimasero affezionati alla loro piccola Gerusalemme. Tra il 1400 e il 1800 il complesso raggiunse il suo massimo sviluppo, e tranne piccole modifiche è giunto intatto ai nostri giorni.  In particolare qui possiamo osservare la più antica, e si suppone più fedele, ricostruzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme.  Grazie alle testimonianze dei cavalieri crociati il sepolcro venne ricostruito nelle stesse forme e proporzioni di quelle che l’imperatore bizantino Costantino IX Monomaco aveva eretto a Gerusalemme nel 1050, che a sua volta replicava quanto più fedelmente possibile il disegno dell’originale (vedi anche note a fondo pagina).

Curiosità

Nella cripta di San Giovanni Battista c’era (e c’è ancora) una colonna che venne portata dal vescovo Petronio di ritorno dalla Terra Santa e che documenta l’altezza di Gesù Cristo (circa un metro e settanta). Nella stessa chiesa una pietà in cartapesta ricorda le quaresime del ‘700, quando le beghine facevano il giro delle taverne sequestrando i mazzi di carte da gioco, che portavano poi a macerare per riprodurle in immagini sacre a remissione dei peccati commessi da mariti e figli. Sulla facciata della chiesa del Santo Sepolcro resta il segno di un’altra leggenda: una pietra nera così lucida che le donne vi si specchiavano. Indignato per tanta vanità un santo eremita fece un incantesimo e da quel giorno le donne non viderò più i loro volti ma i loro peccati. Il vescovo proibì allora a tutti ad avvicinarsi alla pietra, e prodigiosamente la pietra diventò così opaca da non riflettere più nulla. Il Santo Sepolcro era la tomba scavata nella roccia dove venne deposto il corpo di Gesù Cristo. Il sepolcro originario, quello di Giuseppe di Arimatea, venne distrutto nell’anno 135 quando l’imperatore Adriano fece radere al suolo Gerusalemme a seguito della rivolta del 132. L’operazione venne eseguita dalla XXII Legione, che in seguito venne spostata sul limes e ampliò il piccolo avamposto di Mogontiacum, l’attuale Magonza. Fu l’imperatore Costantino I che a seguito del concilio di Nicea del 325 ordinò l’edificazione di una chiesa nei luoghi della passione di Gesù Cristo. La pietra in cui fu scavato il Santo Sepolcro venne chiusa da un piccolo edificio: l’edicola dell’Anastasis, chiesa consacrata nel 335.


L’evento, che si terrà venerdì, 21 settembre 2018 (con punto di ritrovo in via Santo Stefano n. 24, davanti alla basilica di Santo Stefano), partirà alle ore 20, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà dopo un paio d’ore. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (con ingresso ESCLUSIVO alla basilica di Santo Stefano, guida turistica e radio guide):  22,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata.
I ragazzi, dai 7 ai 18 anni e gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


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Bologna, 7 settembre 2018, ore 20: Le sei leggende (visita guidata, serale). Enigmi, segreti e gialli del capoluogo emiliano…

Le sei leggende: alla scoperta di Bologna e del suo centro storico, attraverso uno scenario unico…

sei_leggende_2018È antico il fascino di Bologna. Come un’ombra, percorre da secoli i vicoli del centro storico, i monumenti e i portici che hanno reso celebre nel mondo la città. Tutti conoscono la Bologna “dotta”, “grassa” e “turrita”, ma solo in pochi conoscono i segreti, gli enigmi e i gialli del capoluogo emiliano…

Sono innumerevoli i misteri custoditi dagli antichi portici della città di Bologna, così come le storie insolite che si raccontano all’ombra dei suoi vicoli medievali. Città dalla vocazione culturale e multietnica, sede della prima università del mondo, Bologna è una città ammantata di un fascino arcano. Un set perfetto, insomma, per raccontare gli enigmi e i segreti, nascosti dietro ad alcuni monumenti del centro storico…

lasantaPRIMA TAPPA: CORPUS DOMINI O CHIESA DELLA SANTA…
Costruito fra il 1477 e il 1480 dai toscani Nicolò Marchionne da Firenze e Francesco Fucci da Doccia, il Corpus Domini è uno dei santuari più cari alla devozione popolare. L’edificio è conosciuto anche con il nome di “Chiesa della Santa” in quanto in esso è conservato il corpo di Santa Caterina de’ Vigri, fondatrice nel 1456 del primo convento di suore Clarisse a Bologna. Il corpo della Santa, che visse nel convento fino alla sua morte, si conserva incorrotto nella cappella da più di cinquecento anni. L’edificio presenta una bella facciata rinascimentale, unico elemento rimasto della costruzione originale, la cui parte grezza  è ravvivata da eleganti rilievi in terracotta attribuiti a Sperandio da Mantova. La chiesa fu totalmente ristrutturata nel 1687 dall’architetto G. Giacomo Monti, che decise di decorare l’interno attraverso splendide pitture di M. Antonio Franceschini, ornati di Enrico Haffner e rilievi in stucco di Giuseppe Mazza: purtroppo i bombardamenti dell’ultima guerra hanno fatto in gran parte scempio di questo prezioso apparato artistico.
Degni di nota alcuni dipinti del Franceschini, tra cui il famoso Transito di S.Giuseppe (1692), e di Lodovico Carracci nonché la tomba del fisico Luigi Galvani e di Laura Bassi, celebre donna-scienziato del secolo XVIII.

galvani2SECONDA TAPPA: LUIGI GALVANI, IL FRANKENSTEIN ITALIANO…
Sapevate che il celebre romanzo “Frankenstein” è basato su fatti realmente accaduti? Mary Shelley trasse ispirazione da alcuni esperimenti che furono condotti proprio dal bolognese Giovanni Aldini, professore e ricercatore di fisica presso l’Università di Bologna. Nato nel 1792 a Bologna e nipote del noto Luigi Galvani, Giovanni seguì le orme dello zio nello studio degli effetti degli stimoli elettrici sui cadaveri: il fenomeno del galvanismo. Aldini organizzava rappresentazioni macabre e raccapriccianti, durante le quali faceva aprire gli occhi e la bocca a teste di animali e contrarre arti a corpi decapitati, applicando la corrente elettrica.
Egli era convinto che con l’elettricità fosse possibile risuscitare un cadavere, ma per tentare l’esperimento gli occorreva un corpo intero e in buono stato. Normalmente si serviva dei corpi dei condannati a morte, ma dato che in quasi tutti gli stati europei le esecuzioni avvenivano per decapitazione, nel 1803 Aldini si recò a Londra, dove l’impiccagione gli poteva garantire cadaveri interi. Trovato il prigioniero adatto ne attese la condanna a morte: George Forrest, probabilmente innocente, fu accusato dell’omicidio di moglie e figlia e si racconta che Aldini comprò i giudici per giudicarlo colpevole. Non appena fu eseguita la sentenza prelevò il cadavere per i suoi esperimenti in pubblico, dando vita a uno dei suoi spettacoli più teatrali, tanto riuscito che il suo assistente morì d’infarto la notte stessa. Applicando elettrodi in varie parti del corpo fece sollevare al cadavere le braccia e le gambe, aprire la bocca e gli occhi, sollevare il petto come in un profondo respiro. Gran parte del pubblico credette che il cadavere fosse risuscitato, sia pure per breve tempo.

chiesa-santa-maria-dei-serviTERZA TAPPA: ORATORIO DEI BATTUTI…
L’Oratorio dei Battuti si trova nel Complesso di Santa Maria della Vita, nel ventre della città, ilQuadrilatero, alle spalle di Piazza Maggiore dalla quale vi si accede attraversando la scenografica facciata del Palazzo dei Banchi. Quest’area è caratterizzata da un dedalo di stradine che ricalca l’antica pianta romana della città. Il visitatore che vi entra, si trova immerso nel ventre di Bologna la grassa: botteghe, spesso prive di porte, espongono la loro merce su banchi protratti all’esterno dell’entrata; l’amore per il cibo prorompe in colori e profumi. La nostra meta è in via Clavature, il nome, come tutte le stradine del Quadrilatero, trae origine dalle botteghe presenti in epoca medievale. Allora, quando questa era una delle vie principali della città, attraversata da papi, principi e imperatori, vi lavoravano i fabbri che costruivano chiavi e serrature, Ciavadùr in dialetto bolognese, (Serratura, dal lat. medioevale clavatura. Modena, 1244). Nel 1260 il perugino Riniero Barcobini Fasani, decide con ventimila seguaci di dirigersi a Bologna, ispirato alla missione dalla Vergine Maria. Qui, nel 1275 Riniero fonda la Confraternita dei Battuti Bianchi, detti anche Devoti Flagellanti, e insieme ai bolognesi Bonaparte Ghisileri e alla terziaria Francescana Suor Dolce, organizza un ospedale per la cura e l’assistenza di infermi e pellegrini. Nascono così l’Ospedale, la Chiesa e la Confraternita dedicate a Santa Maria della Vita: un capitolo importante della storia della assistenza dal momento che ospitò uno dei primi ospedali cittadini pubblici. L’Oratorio è nato ad opera della Confraternita dei Battuti ed era la sede, collegata ma indipendente rispetto al Santuario e all’Ospedale, in cui si riunivano in forma strettamente privata i membri della Confraternita, per dedicarsi a quelle pratiche religiose, devozionali e penitenziali che erano alla base del movimento stesso. Nelle sue forme attuali, questo prezioso esempio del primo barocco bolognese, è esattamente come fu ideato in occasione del rifacimento, all’inizio del XVII secolo, del precedente edificio quattrocentesco.
Tra il 1604 ed il 1617, su progetto dell’architetto bolognese Floriano Ambrosini e con la supervisione dei lavori affidata a Bonifacio Socchi, l’aula fu completamente ricostruita. Giulio Cesare Conventi ed Antonio Martini furono invece autori degli stucchi e dei rilievi decorativi.
Del precedente oratorio vennero conservate e ricollocate due importanti opere cinquecentesche: il gruppo in terracotta realizzato tra il 1519 e il 1522 da Alfonso Lombardi di Ferrara e raffigurante un episodio dei funerali della Vergine, il Transito, e la pala d’altare, Madonna col Bambino e santi, eseguita nel 1564 da Giovanni Francesco Bezzi detto il Nosadella. I lavori di decorazione si sono conclusi nel 1639, come ricorda la data dipinta nella nicchia che ospita il Transito della Vergine, dove compare anche il nome del finanziatore: il conte Giovanni Pepoli, a testimonianza del legame intercorrente tra la Confraternita dei Battuti ed alcune delle più importanti famiglie bolognesi. Il Transito, formato da 15 statue in terracotta poco più grandi del naturale, rappresenta il momento di massima tangenza dello scultore con il mondo romano e, soprattutto, con Raffaello. Rispetto ad altri celebri oratori cittadini, quello dei Battuti prevede l’uso dell’affresco solo per la cappella, le volte e la cupola dell’altare, mentre le pareti ed il soffitto dell’aula sono destinati ad accogliere dipinti su tela di diverse dimensioni, scelti in base ad una specifica chiave di lettura, volta a coniugare il Culto Mariano con quello del Beato perugino. I soggetti delle opere vennero infatti definiti da un preciso programma iconografico redatto dai membri della Confraternita nel 1618, come testimoniano i documenti d’archivio. Lo prova la tela rinascimentale del Nosadella che adorna l’altare: a tre secoli di distanza dalla sua missione, il Beato umbro viene proposto ai piedi della Madonna, in un’immagine che mira ad unire idealmente la pratica della sua flagellazione con la passione di Cristo, ed è confortato dai Santi Apostoli Giacomo, Pietro e Paolo, assieme a San Girolamo, considerato il padre della Chiesa di lingua latina. Con le riforme napoleoniche del 1796-97, i beni della Confraternita vengono espropriati e diventano pubblici. Completamente restaurato nel 1997, vi è stato recentemente annesso il Museo della Sanità e dell’Assistenza della città di Bologna.

ex_ghetto_bologna-592x444QUARTA TAPPA: L’ANTICO GHETTO EBRAICO…
L’antico ghetto ebraico, in pieno centro medievale, conserva ancora oggi la sua struttura originaria. Un dedalo di viuzze e passaggi sospesi, ponti coperti e piccole finestre che racconta la storia di un’intera comunità, costretta a vivere in un’area specifica delle città italiane dallo Stato della Chiesa a partire dal 1556. Gli ebrei di Bologna vissero qui fino al 1569, quando furono espulsi una prima volta, e poi nuovamente tra il 1586, quando fu loro permesso di rientrare in città, e il 1593, anno della cacciata definitiva: 900 persone lasciarono Bologna e per oltre due secoli non fu permesso a un gruppo ebraico organizzato di viverci. Diversi erano gli ingressi al quartiere, tutti costantemente sorvegliati, aperti al mattino e sigillati al tramonto: uno all’inizio di via de’ Giudei, un altro all’incrocio tra via del Carro e via Zamboni, un terzo in via Oberdan in corrispondenza dell’arco che dà su vicolo Mandria. Il ghetto è certamente una delle zone più interessanti e suggestive dell’intero tessuto urbano, definita dai muri di palazzi appartenuti a ricchi mercanti e banchieri ebrei e animata da botteghe artigiane.

buca_campane2QUINTA TAPPA: OSTERIA BUCA DELLE CAMPANE…
L’Osteria Buca delle Campane ha sede in un palazzo che risale al XIII secolo, nell’antica via Bagnaroli, così chiamata poichè a quei tempi vi abitò una famiglia di questo nome. Il 5 marzo 1478 lo stabile fu acquistato da Giovanni di Musotto Malvezzi per lire 60. Il giovedì del 27 novembre 1488, sulle ore 18, in tale palazzo fu scoperta una congiura ordita da Giovanni Girolamo, Filippo di Battista Malvezzi e i loro amici, i quali volevano uccidere Giovanni Bentivogli e tutta la sua famiglia. Nel 1501 vi fu alloggiato l’Ambasciatore di Francia diretto a Firenze. Ai primi del ‘600 la via prese il nome di “via delle Campane”, poichè nella vicina chiesa di San Giacomo esisteva una fonderia di campane dal 1548, da cui deriva il nome dell’Osteria. Intorno al 1628 lo stabile passò sotto la proprietà della famiglia Lambertini Pollicini. In una stanza al pianterreno nacque il 31 marzo 1675, Prospero Lorenzo di Marcello Lambertini, destinato poi a diventare, il 30 aprile 1731, Vescovo di Bologna, poi il 17 agosto 1740 divenne Papa Benedetto XIV. Alla fine del 1800, l’antico palazzo fu acquistato dalla famiglia Marconi, dalla quale discende il celebre scienziato Guglielmo Giovanni Maria Marconi. Fisico e inventore italiano, Marconi è conosciuto in tutto il mondo per aver sviluppato per primo un efficace sistema di comunicazione con telegrafia senza fili via onde radio che ottenne una notevole diffusione: evoluzioni di tale sistema portarono allo sviluppo dei moderni sistemi e metodi di telecomunicazione come la radio, la televisione e in generale tutti i sistemi che utilizzano le comunicazioni senza fili. Eredi la moglie, Marchesa Maria Cristina e la figlia, Principessa Elettra. Nel 1905 all’Osteria Buca delle Campane fu rappresentata la commedia il Cardinale Lambertini, opera del commediografo bolognese Alfredo Testoni che ha per protagonista il Cardinale Bolognese. Fin dal 1958 l’Osteria fu sede della Goliardica Balla dell’Oca, ove è conservata la colonna, attorno alla quale venivano legate le matricole in attesa del processo studentesco. Gli affreschi che adornano le pareti della Sala degli Affreschi sono opera di tale studenti, tra i quali spicca il nome del maestro fumettista italiano Magnus, pseudonimo di Roberto Raviola nato e vissuto a Bologna, la cui arte ha conquistato l’intera Europa.

delitto_murri SESTA E ULTIMA TAPPA: DELITTO MURRI…
Il 2 settembre 1902, Bologna divenne la protagonista di uno dei casi giudiziari più famosi del Novecento. In un’elegante palazzina di via Mazzini 39 fu scoperto il cadavere del medico di nobili origini Francesco Bonmartini, genero del prof. Augusto Murri, illustre clinico, medico di Casa Reale. A fine agosto Bonmartini aveva lasciato Venezia, dove era in vacanza con la moglie Linda (figlia del professore) per tornare a Bologna. Dopo qualche giorno, i vicini chiamarono il prof. Murri per avvertirlo del cattivo odore che si sprigionava dall’appartamento. Così, si rinvenne il corpo. La polizia iniziò le indagini. Il conte era stato ucciso con un’arma da taglio: il movente era da far risalire ad una rapina, visto lo stato in cui si trovava la casa. Qualche giorno dopo, tuttavia, lo stesso prof. Murri accusò il figlio Tullio dell’omicidio. In città successe un pandemonio: Tullio Murri era conosciuto come direttore del periodico socialista “La Squilla” ed era consigliere provinciale del PSI. I giornali cattolici presero la palla al balzo ed iniziarono una campagna contro il razionalismo laico e il socialismo. Il quotidiano socialista “L’Avanti!” denuncerà più volte la violazione del segreto istruttorio. Pur continuando a mantenere un rapporto conciliatorio, Linda si era separata legalmente nel 1899: lo spirito progressista di lei era in conflitto con lo spirito conservatore e clericale di lui, che in più occasioni si era dimostrato grezzo e brutale e che più volte cercò favori da parte del suocero, che sempre glieli aveva negati. Il processo cominciò e, dopo qualche tempo, fu trasferito da Bologna a Torino. Tullio fu riconosciuto colpevole, seppure con la complicità della sorella Linda e di altri personaggi minori. Erano infatti coinvolti l’amante di Linda, Carlo Secchi, otorinolaringoiatra e allievo di Augusto; Rosina Bonetti, amante di Tullio e guardarobiera dei Murri; Pio Naldi, medico e amico di Tullio. Il re concesse la grazia a Linda, che riottenne la libertà dopo breve tempo e si trasferì a Roma con i figli. Tullio uscì dal carcere nel 1919.


L’evento, che si terrà venerdì, 7 settembre 2018 (con punto di ritrovo presso piazza Galvani, davanti alla Banca di Bologna), partirà alle ore 20, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà dopo un paio d’ore. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour. 

Costo della sola visita guidata (con guida turistica + radio guide):  15,00.
I bambini, sotto i 9 anni di età, non sono ammessi. I portatori di disabilità, non pagano la visita guidata.
I ragazzi, dai 10 ai 18 anni e gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.

Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).

La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.

Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.


Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…